Ricerca contenuti

Guadagnare salute: competenze chiave e life skills nella scuola del primo ciclo

Regione del Veneto – Ufficio Scolastico Regionale del Veneto – ULSS N. 9 Treviso

PROGETTO “GUADAGNARE SALUTE. LIFE SKILLS E COMPETENZE CHIAVE NELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO DI ISTRUZIONE”

Un percorso congiunto scuola-ULSS per l’integrazione delle competenze chiave europee e delle life skills dell’O.M.S. e la costruzione di percorsi di didattica per competenze aventi per oggetto temi di salute

Franca Da Re
Dirigente scolastica utilizzata presso l’USR del Veneto
Coordinatrice didattica del progetto

scarica il pdf


Competenze chiave per la cittadinanza e l’apprendimento permanente: lo scenario europeo e nazionale

1Questo paragrafo è una rielaborazione tratta da: Franca Da Re, Didattica delle competenze per una formazione efficace, in: Formare giovani autonomi e responsabili: la didattica per competenze in Veneto, USR Veneto, 2009, capitolo 2, pp. 39-70, reperibile quiIl concetto di competenza, come la maggioranza dei concetti che fanno capo alle scienze umane e sociali, non è monosemico ed è stato utilizzato nel tempo con valenze e sfumature semantiche differenti, a seconda del momento, del contesto, delle teorie di riferimento.
E` interessante rilevare come negli ultimi decenni, l’interesse per le competenze si sia sviluppato in diversi settori, dall’economia alla gestione aziendale, dalla psicologia alla formazione, educazione e istruzione, fino alla politica.
Vi sono diverse ragioni per cui sempre più l’interesse degli studiosi si è focalizzato sulla competenza:

  1. nella società post-industriale il lavoro è mutato rispetto al passato, caricandosi sempre di più di contenuti di conoscenza, mentre si va contraendo l’aspetto meramente manuale ed esecutivo;
  2. aumenta e riveste sempre maggiore importanza l’aspetto “immateriale” del lavoro, non tanto legato allo svolgimento della mansione specifica, che del resto tende ad avere confini sempre più sfumati, quanto ad altri fattori, come le relazioni interne ed esterne, la comunicazione, le capacità metodologiche e strategiche, la responsabilità individuale, la condivisione dei valori aziendali;
  3. la crescente globalizzazione del lavoro e delle relazioni economiche, con la conseguente alta mobilità delle persone determina la necessità di reperire strumenti di “comunicazione” dei saperi e saper fare delle persone diversi dai soli titoli di studio o dai curriculum, che poco sono in grado di documentare ciò che realmente le persone sanno e sanno fare;
  4. la maggiore mobilità delle persone anche all’interno del mercato del lavoro interno, da azienda ad azienda, da posto a posto, determina la necessità di valutare il potenziale umano per indirizzare, orientare, qualificare e riqualificare la manodopera;
  5. nell’ambito della formazione e dell’istruzione, si constata che l’apprendimento fondato su semplici conoscenze e saperi procedurali conseguiti mediante applicazione ed esercitazioni non garantiscono la formazione di atteggiamenti funzionali alle richieste della vita e del lavoro, in particolare per quanto riguarda la capacità di problem solving, di assumere iniziative autonome flessibili, di mobilitare i saperi per gestire situazioni complesse e risolvere problemi. Sempre più l’insegnamento basato sulla trasmissione del sapere genera negli studenti demotivazione, estraneità e disamore per lo studio, anche in considerazione dell’importanza e rilevanza che assumono i saperi informali e non formali che i giovani realizzano fuori di scuola, attraverso le esperienze extrascolastiche, di relazione, i mass-media.

Il concetto di competenza, l’apprendimento di competenze, l’esercizio della competenza, con i significati sempre più legati alla realizzazione personale che esso assume, sembra venire incontro alle mutate esigenze della società. Da qui il grande interesse dell’impresa, della formazione, dell’economia, degli Stati per la questione.
Vediamo di seguito alcune definizioni, che nel tempo gli studiosi hanno dato del concetto di competenza, in contesto strettamente lavorativo o più ampio2Le definizioni riportate, sono tratte da materiali ISFOL citati in “Competenza e Competenze. Quadro di riferimento” materiali di lavoro a cura di Italia Forma, 2004:

  1. La competenza, cioè un mix, specifico per ciascun individuo, di abilità nel senso stretto del termine, acquisita attraverso la formazione tecnica e professionale, di comportamento sociale, di un’attitudine al lavoro di gruppo, e d’iniziativa e disponibilità ad affrontare rischi.
    (J. DELORS, Learning: The treasure within, Unesco, Paris, 1996 (trad. it. Nell’educazione un tesoro.
    Rapporto all’UNESCO della Commissione Internazionale sull’Educazione per il Ventunesimo Secolo, Roma, Armando Editore, 1997).
  2. Le competenze sono costituite dall’attitudine individuale e, al limite, soggettiva, di utilizzare le proprie qualificazioni, i propri saper fare e le proprie conoscenze al fine di raggiungere un risultato. Infatti, non esistono competenze «oggettive», tali da poter essere definite indipendentemente dagli individui nei quali esse si incarnano. Non ci sono le competenze in sé, ci sono soltanto le persone competenti.
    (OCDE, Qualifications et compétences professionnelles dans l’enseignement technique et la formation professionnelle. Évaluation et certification, Paris, OCDE, 1966)
  3. La competenza non è uno stato od una conoscenza posseduta. Non è riducibile né a un saper, né a ciò che si è acquisito con la formazione. […] La competenza non risiede nelle risorse (conoscenze, capacità, …) da mobilizzare, ma nella mobilizzazione stessa di queste risorse. […]. Qualunque competenza è finalizzata (o funzionale) e contestualizzata: essa non può dunque essere separata dalle proprie condizioni di «messa in opera». […] La competenza è un saper agire (o reagire) riconosciuto. Qualunque competenza, per esistere, necessita del giudizio altrui.
    (G. LE BOTERF, De la compétence, Paris, Les éditions d’Organisation, 1994).

Tra tutte le definizioni reperibili nel campo, abbiamo scelto quelle che ci sembrano offrire un’ottica più integrata tra le diverse componenti del concetto di competenza, che meglio si attagliano alla missione educativa della scuola e ad una concezione olistica della formazione della persona e del cittadino.
Sostanzialmente, le interpretazioni più mature riportano un concetto di competenza inteso come una integrazione di conoscenze (sapere), abilità (saper fare), capacità metacognitive e metodologiche (sapere come fare, trasferire, generalizzare, acquisire e organizzare informazioni, risolvere problemi), capacità personali e sociali (collaborare, relazionarsi, assumere iniziative, affrontare e gestire situazioni nuove e complesse, assumere responsabilità personali e sociali …).
Questa visione, ben descritta nella definizione di Le Boterf e che ci trova concordi, descrive il passaggio dalle competenze alla competenza e dai tre “savoir” (sapere, saper fare e saper essere) all’unico saper agire (e reagire). In quest’ottica, non esiste competenza senza la co-presenza di tutti questi fattori. La competenza viene intesa quindi come la mobilitazione di conoscenze, abilità e risorse personali, per risolvere problemi, assumere e portare a termine compiti in contesti professionali, sociali, di studio, di lavoro, di sviluppo personale, un “sapere agito”. Sempre più si parla di “competenza”, piuttosto che di “competenze”. Si veda a questo proposito la definizione dell’OCDE: “Non ci sono le competenze in sé, ci sono soltanto le persone competenti”. Ciò significa che la competenza è una risorsa personale pervasiva, impiegabile dalla persona in tutte le manifestazioni della propria vita.
Ciò che rende la competenza tanto potente e la distingue dalle conoscenze e dalle abilità prese da sole, è l’intervento e l’integrazione con le risorse e le capacità personali. Il fatto che la persona sappia mobilitare conoscenze e abilità attraverso l’impiego di capacità personali le permette di generalizzare a contesti differenti il modello d’azione; le permette inoltre di reperire conoscenze e abilità nuove di fronte a contesti che mutano, alimentando e accrescendo la competenza stessa.

Dalla metà degli anni ’90, anche l’Unione Europea si è sempre più interessata alle competenze, ritenendole centrali per l’istruzione, l’educazione, la formazione permanente, il lavoro, nella prospettiva della valorizzazione del “capitale umano” come fattore primario dello sviluppo. Nelle Conclusioni ai lavori di Lisbona del Parlamento Europeo del 2000, si indicano già alcune strade da percorrere, tra le altre

  1. definizione delle competenze chiave europee per l’esercizio della cittadinanza attiva;
  2. obiettivi di innalzamento dei livelli di istruzione e di allargamento dell’educazione permanente;
  3. il riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali, nel quadro dell’apprendimento formale.

In tutti i documenti successivi questi concetti sono stati ripresi e approfonditi. Nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 maggio 2004 si insiste ancora maggiormente sulla questione del riconoscimento degli apprendimenti informali e informali, affermando che essi contribuiscono a buon diritto, come quelli formali, a costruire la competenza; nella Raccomandazione del 18 dicembre 2006, vengono enunciate in maniera definitiva le otto competenze chiave per la cittadinanza europea. Recita il documento nel suo Allegato:
“Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave:

  1. comunicazione nella madrelingua;
  2. comunicazione nelle lingue straniere;
  3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
  4. competenza digitale;
  5. imparare a imparare;
  6. competenze sociali e civiche;
  7. spirito di iniziativa e imprenditorialità;
  8. consapevolezza ed espressione culturale.”

La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18.12.2006 è stata sostituita dalla Raccomandazione del 22 maggio 2018, che ha ridefinito il quadro delle competenze chiave per l’apprendimento permanente, pur mantenendone il significato e l’assetto generale.

Nella Raccomandazione del 22 maggio 2018 enuncia le nuove competenze chiave e precisa il loro significato:

Competenze chiave

 Ai fini della presente raccomandazione le competenze sono definite come una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti, in cui:

  • la conoscenza si compone di fatti e cifre, concetti, idee e teorie che sono già stabiliti e che forniscono le basi per comprendere un certo settore o argomento;
  • per abilità si intende sapere ed essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere risultati;
  • gli atteggiamenti descrivono la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee, persone o situazioni.

Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e la cittadinanza attiva. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente, dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante l’apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti, compresi la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro, il vicinato e altre comunità. Le competenze chiave sono considerate tutte di pari importanza; ognuna di esse contribuisce a una vita fruttuosa nella società. Le competenze possono essere applicate in molti contesti differenti e in combinazioni diverse. Esse si sovrappongono e sono interconnesse; gli aspetti essenziali per un determinato ambito favoriscono le competenze in un altro. Elementi quali il pensiero critico, la risoluzione di problemi, il lavoro di squadra, le abilità comunicative e negoziali, le abilità analitiche, la creatività e le abilità interculturali sottendono a tutte le competenze chiave.

Il quadro di riferimento delinea otto tipi di competenze chiave:

  • competenza alfabetica funzionale,
  • competenza multilinguistica,
  • competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria,
  • competenza digitale,
  • competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare,
  • competenza in materia di cittadinanza,
  • competenza imprenditoriale,
  • competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.

La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, sostituita successivamente dalla Raccomandazione del 22 maggio 2017, definisce il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF). Nel Documento del 2017, in coerenza con il precedente, viene raccomandato – tra le altre cose – ai Paesi membri:

  1. usare l’EQF per rapportare i quadri o sistemi nazionali delle qualifiche e confrontare tutti i tipi e livelli delle qualifiche nell’Unione che rientrano nei quadri o sistemi nazionali delle qualifiche, in particolare collegando i livelli delle qualifiche nazionali ai livelli dell’EQF di cui all’allegato II e avvalendosi dei criteri di cui all’allegato III;
  2. rivedere e aggiornare, se del caso, la referenziazione dei livelli dei quadri o sistemi nazionali delle qualifiche ai livelli dell’EQF di cui all’allegato II e avvalendosi dei criteri di cui all’allegato III, tenendo in debita considerazione il contesto nazionale;
  3. garantire che le qualifiche corrispondenti a un livello EQF siano conformi ai principi comuni di garanzia della qualità di cui all’allegato IV, fatti salvi i principi nazionali di garanzia della qualità che si applicano alle qualifiche nazionali;
  4. promuovere, se del caso, collegamenti tra i sistemi di crediti e i quadri o sistemi nazionali delle qualifiche, tenendo conto dei principi comuni per i sistemi di crediti di cui all’allegato V, fatte salve le decisioni nazionali relative: i) all’utilizzo dei sistemi di crediti; e ii) al loro collegamento ai quadri o sistemi nazionali delle qualifiche. Tali principi comuni non comporteranno il riconoscimento automatico delle qualifiche;
  5. adottare, se del caso, misure affinché tutti i nuovi documenti relativi alle qualifiche rilasciati dalle autorità competenti (per esempio certificati, diplomi, supplementi ai certificati, supplementi ai diplomi) e/o i registri delle qualifiche contengano un chiaro riferimento al livello adeguato dell’EQF;
  6. rendere i risultati del processo di referenziazione pubblicamente disponibili a livello nazionale e di Unione e, ove possibile, garantire che le informazioni sulle qualifiche e sui relativi risultati dell’apprendimento siano accessibili e pubblicate, utilizzando i campi dati conformemente all’allegato VI;
  7. incoraggiare l’uso dell’EQF da parte delle parti sociali, dei servizi pubblici per l’impiego, degli erogatori di istruzione, degli organismi di garanzia della qualità e delle autorità pubbliche al fine di sostenere il confronto delle qualifiche e la trasparenza dei risultati dell’apprendimento;
  8. garantire la continuazione e il coordinamento dei compiti svolti dai punti nazionali di coordinamento dell’EQF. I compiti principali di detti punti nazionali di coordinamento consistono nel sostenere le autorità nazionali nella referenziazione dei quadri o sistemi nazionali delle qualifiche all’EQF e nell’avvicinamento dell’EQF alle persone e alle organizzazioni”

Quello che particolarmente ci interessa è che nella Raccomandazione del 22 maggio 2017 sull’EQF, viene data una definizione di competenza che, data l’autorevolezza dell’Organismo che la formula, può permetterci di accantonare tutte le ambiguità semantiche e concettuali connesse alla polisemia del termine. Ci si può comunque riferire alla definizione europea anche per la ricchezza e profondità contenute nella definizione. I risultati dell’apprendimento, nella definizione europea, sono costituiti in termini di conoscenze, abilità, competenze. Ciascuno di questi concetti viene definito:

“(…)

e) risultati dell’apprendimento»: descrizione di ciò che un discente conosce, capisce ed è in grado di realizzare al termine di un processo di apprendimento; sono definiti in termini di conoscenze, abilità e responsabilità e autonomia;

f) «conoscenze»: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche che riguardano un ambito di lavoro o di studio. Nel contesto dell’EQF, le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche;

g) «abilità»: capacità di applicare le conoscenze e di usare il know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto dell’EQF, le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (comprendenti la manualità e l’uso di metodi, materiali, strumenti e utensili);

h) «responsabilità e autonomia»: capacità del discente di applicare le conoscenze e le abilità in modo autonomo e responsabile;

i) «competenza»: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale; (…)”

La competenza, quindi, è comprovata capacità di mobilitare conoscenze e abilità, ma anche capacità personali, sociali e metodologiche in tutte le situazioni di vita: lavoro, studio, sviluppo personale, per gestire situazioni, risolvere problemi, affrontare compiti, relazionarsi. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una definizione per la persona competente. Ciò che è più rilevante, però, è che le dimensioni che sostanziano la competenza, ciò che distingue la persona competente, sono la responsabilità e l’autonomia. Tali dimensioni definiscono l’atteggiamento, la modalità con cui la persona agisce in modo competente. Nel format di certificazione delle competenze EQF del 2017, infatti, le competenze certificate si articolano in conoscenze, abilità, autonomia e responsabilità.
È una definizione che assume un significato profondamente etico, se la colleghiamo a tutto il panorama di documenti europei che dall’inizio del millennio si sono occupati di capitale umano, di formazione, di educazione.

C’è un filo conduttore in tutti i documenti:

  • L’Europa – nel contesto della “società e dell’economia della conoscenza” – ha bisogno di cittadini che acquisiscano lungo tutto l’arco della vita sempre maggiori conoscenze, abilità, competenze, per contribuire al proprio sviluppo personale e a quello della Comunità;
  • Vengono definite otto competenze chiave che sono necessarie per esercitare la cittadinanza attiva e che devono essere perseguite per tutto l’arco della vita: rileviamo che tra queste vi sono competenze metacognitive, comunicative, socio-relazionali, di costruzione dell’identità sociale e culturale;
  • Nel quadro comune delle qualifiche e dei titoli, si invitano i Paesi membri a perseguire nei percorsi di educazione permanente, sempre maggiori risultati di apprendimento in termini di conoscenze, abilità, competenze. Le competenze sono definite come la capacità di mobilitare conoscenze, abilità, capacità personali, in termini di responsabilità e autonomia.

La cittadinanza attiva, dunque, si concretizza nell’esercizio dell’autonomia, che non può essere disgiunta dalla responsabilità.
I sistemi di educazione, istruzione e formazione sono chiamati ad un compito altissimo, in particolare quelli che si occupano dei giovani. Non esiste apprendimento significativo che non si iscriva nella prospettiva della competenza. Il fine dell’istruzione e dell’educazione è la competenza; dato che la sostanza, il motore della competenza sono le capacità personali, sociali, metodologiche, l’esercizio dell’autonomia e della responsabilità, è ovvio che non può esistere un modello di istruzione che non si assuma compiti educativi.
L’assunzione di autonomia e responsabilità implica che la persona assimili e integri dentro di sé i valori condivisi, la cura e l’attenzione per l’altro e per l’ambiente, l’adesione alle norme di convivenza, il loro rispetto non per timore della sanzione, ma per comprensione del loro valore di patto sociale. Questo esige che tutti coloro che sono impegnati nell’educare e nell’istruire, qualunque sia la disciplina di insegnamento, lavorino in coerenza e collaborazione verso i comuni traguardi.

Il legislatore italiano ha accolto le sollecitazioni europee a orientare i curricula verso le competenze nei documenti riguardanti l’istruzione e la formazione in una serie di provvedimenti:

  • Il DPR 275/99 (Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche), all’art 10, comma 3;
  • L. 425/1997, art.3, così come modificato dalla L. 1/2007, art. 1, comma 1 (esami di Stato secondo ciclo)
  • L. 53/03, art. 3; D.lvo 59/04, art. 8 (certificazione delle competenze)
  • L. 169/08, art. 3; DPR 122/09, art. 8 (valutazione degli apprendimenti e certificazione delle competenze)
  • Indicazioni Nazionali per il curriculo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2007
  • D.M. 139/07 sull’elevamento dell’obbligo di istruzione e relativo documento tecnico
  • DPR 87/2010 (Riordino degli Istituti Professionali); DPR 88/2010 (Riordino degli Istituti Tecnici); DPR 89/2010 (Riordino dei Licei)
  • Direttive Ministero dell’Istruzione n. 57 del 15.07.2010 e n. 65 del 28.07.2010 (Linee Guida per il curriculo del primo biennio rispettivamente degli istituti tecnici e dei professionali)
  • Direttive Ministero dell’Istruzione n. 4 e 5 del 16.01.2012 (Linee Guida per il curriculo del secondo biennio e quinto anno rispettivamente degli istituti tecnici e dei professionali)
  • Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010 (istruzione e formazione professionale)
  • Intesa in Conferenza Unificata del 16 dicembre 2010 (istruzione e formazione professionale)
  • Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 27 luglio 2011 (istruzione e formazione professionale)
  • Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio 2012 (istruzione e formazione professionale)
  • DM n. 254/2012 “Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione” nel testo delle quali le competenze chiave sono definite “orizzonte di riferimento verso cui tendere”, finalità a cui devono concorrere i saperi e le competenze culturali di base definiti nelle Indicazioni stesse.
  • D.lvo 61/2017 e DI n. 92/2018 Riordino degli Istituti Professionali; Linee Guida 2019

La normativa nazionale e la costruzione del curricolo per competenze

Attualmente la normativa prescrive di certificare le competenze in uscita dalla scuola primaria, dalla scuola secondaria di primo grado, dal biennio dell’obbligo e alla fine del secondo ciclo di istruzione.
Per l’uscita dall’obbligo, con D.M. 9/2010, il MIUR ha emanato un modello di certificazione, che si basa sulle competenze degli assi culturali previsti dal D.M. 139/07.
In uscita dalla scuola primaria e dalla scuola secondaria di primo grado sono stati definiti i modelli di certificazione nazionale, centrati sulle competenze chiave dal DM n. 742/2017, in attuazione del D.lvo n. 62/2017.
In uscita dal secondo ciclo, i Regolamenti di riordino del 2010 prevedono per tutti gli ordini di scuola che le competenze vengano certificate sul modello EQF.
Tuttavia per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione esiste un problema di metodo. Le Indicazioni del 2012 parlano di competenze e di didattica organizzata per perseguirle; fissano dei traguardi di competenza ancorati però alle diverse discipline, ma non indicano quali siano queste competenze, né allo scopo di perseguirle nella didattica, né allo scopo di certificarle.
Il D.M. 139/07, invece, indica le competenze riferite ai quattro assi culturali (linguaggi, matematica, scientifico-tecnologico, storico-sociale) e prevede otto competenze di cittadinanza da conseguire al termine dell’obbligo: comunicare, imparare a imparare, risolvere problemi, progettare, acquisire e interpretare l’informazione, costruire nessi e relazioni, collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile.
Le competenze degli assi culturali vengono declinate in abilità e conoscenze, mentre le otto competenze di cittadinanza vengono solo definite. Il D.M. 139/07 cita nelle Premessa le otto competenze chiave europee, ma non ne fa mai esplicito riferimento.
Questa rappresenta a nostro avviso una debolezza metodologica del documento che, mentre articola in dettaglio le competenze specifiche degli assi culturali, che sono facilmente riconducibili a discipline, lascia indeterminate le competenze di cittadinanza, che invece rappresentano l’essenza stessa della competenza.
Il rischio è che la didattica resti centrata sulle discipline e che le competenze deli assi culturali restino, nella migliore delle ipotesi, delle buone abilità. Le otto competenze dell’obbligo, inoltre potrebbero essere facilmente ricomprese nelle otto competenze chiave europee, così come del resto quelle degli assi culturali.
I Regolamenti di riordino del secondo ciclo fissano dei risultati di apprendimento in termini di competenza comuni e di indirizzo da raggiungere alla fine del percorso scolastico; le linee guida dei tecnici ancorano tali risultati di apprendimento alle singole discipline e li articolano in conoscenze e abilità. Pur apprezzando la precisa articolazione in competenze, abilità e conoscenze, si deve ancora una volta rilevare che il legare le competenze alle discipline presenta il grosso rischio che la didattica resti frammentata e legata alle conoscenze specifiche disciplinari. In questo modo la competenza sarà difficilmente raggiungibile.
Il riordino dei Professionali del 2018 ha superato l’ancoraggio alle discipline, indicando i risultati di apprendimento solo in termini di conoscenze, abilità e competenze generali e professionali.
Una soluzione possibile è quella, che peraltro rientra nell’autonomia delle scuole, di organizzare il curricolo secondo le otto competenze chiave europee. In questo modo, le diverse competenze specifiche troverebbero una organizzazione unitaria e si reperirebbe lo spazio che loro compete anche alle fondamentali competenze metacognitive, metodologiche, organizzative, personali, sociali (raggruppate intorno alle competenze chiave “competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare” e ”competenza imprenditoriale ” e alla “competenza in materia di cittadinanza”.
Le otto competenze chiave, infatti, sono così pervasive e trasversali da rappresentare delle “metacompeenze”, la cui declinazione permetterebbe di arrivare a tutte le competenze del curricolo, fossero competenze riconducibili ai saperi formali, competenze metodologiche e metacognitive, competenze sociali e relazionali.
Resta il problema per il primo ciclo di definire le competenze specifiche: si può trarre ispirazione fin dove possibile, dai documenti del secondo ciclo e da altre fonti, come le Linee Guida per i piani di studio provinciali del primo ciclo, messe a punto dalla Provincia autonoma di Trento per il proprio territorio. Le competenze culturali specifiche sono rintracciabili, in estrema sintesi, anche nei cosiddetti “nuclei tematici” che organizzano gli obiettivi delle Indicazioni.
Un esempio di curricolo per competenze chiave per il primo ciclo di istruzione è presentato nei materiali di questo progetto ed è servito come punto di riferimento comune ai gruppi di lavoro per redigere le unità di apprendimento. Dato che il lavoro è stato condotto prima dell’emanazione delle Indicazioni 2012, il curricolo che è servito al lavoro è basato sulle Indicazioni 2007 e sulle competenze chiave del 2006.
Merita in questa sede di approfondire il discorso sulle otto competenze chiave europee, sul loro alto significato e sulle implicazioni che esse possono avere nelle formulazione del curricolo di scuola.
Le otto competenze chiave che, ricordiamo, sono definite come indispensabili per la realizzazione e lo sviluppo personale e sociale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione, rappresentano bene il quadro di riferimento dell’istruzione e dell’educazione, sono in grado di costituire la cornice e lo sfondo per tutti i saperi e le competenze specifiche ancorate ai diversi settori in cui l’apprendimento e l’attività umana si dispiegano. Sono chiamate, appunto, “chiave”, perché sono a buon diritto, come abbiamo già detto, delle “metacompetenze”, travalicano le specificità disciplinari per delineare quegli strumenti culturali, metodologici, relazionali che permettono alle persone di partecipare e incidere nella realtà.
E’ possibile costruire un curricolo a partire dalle competenze chiave: esso rappresenterebbe uno strumento integrato, non strettamente riferito a questo o a quell’insegnante, ma appartenente a tutti, capace di mettere in relazione tutti i saperi specifici.
La Raccomandazione del 22 maggio 2018 (così come la precedente del 2006) descrive il significato, i legami, le implicazioni di ciascuna delle competenze chiave e addirittura fornisce indicazioni metodologiche su come perseguirle. La sola lettura del documento europeo ci permette facilmente di comprendere come davvero esse possano diventare il riferimento unificante di ogni curricolo che si proponga di perseguire competenze.
La proposta di curricolo che viene presentata tra i materiali de progetto prevede la declinazione delle otto competenze chiave in competenze specifiche che riconducono ai diversi saperi disciplinari, metodologici e alle abilità sociali e civiche e la loro articolazione in abilità e conoscenze. In questo modo il curricolo diventerebbe il riferimento di tutto il consiglio di classe, di tutti e di ciascuno, senza distinzioni e frammentazioni disciplinari.
La realizzazione concreta del curricolo presuppone comunque una didattica che superi la frammentazione disciplinare, ma anche la centratura sui contenuti, la prevalenza della lezione frontale e dell’azione del docente, a scapito dell’azione diretta degli studenti, della cooperazione, dell’apprendimento condotto attraverso problemi riconducibili a contesti d’esperienza veri o verosimili. Gli strumenti sono diversi: la didattica sperimentale e della ricerca, l’apprendimento cooperativo, il tutoraggio tra pari, la discussione, la rilevazione e soluzione di problemi…
Lo strumento di pianificazione didattica che si è scelto per questo progetto è l’unità di apprendimento. Essa si può definire come un percorso didattico, di durata più o meno estesa, che si propone di perseguire e incrementare competenze degli allievi attraverso la realizzazione di un prodotto, la gestione di situazioni e la soluzione di problemi di esperienza. Durante il percorso gli allievi, in collaborazione con altri, portano a termine il compito utilizzando le conoscenze e le abilità già possedute e reperendone di nuove, il tutto con la regia e il sostegno dei docenti, ma in autonomia e con l’assunzione di responsabilità intorno al lavoro e ai risultati.

Si precisa che, essendo stato il progetto realizzato tra il 2010 e il 2011, i lavori si sono riferiti:

  • alle Indicazioni Nazionali per il curricolo del 2007;
  • alla raccomandazione del 18.12.2006 sulle competenze chiave
  • alla raccomandazione del 23 aprile 2008 sull’EQF.

Anche il modello di curricolo fornito per il lavoro, si riferisce ai documenti di indirizzo sopra citati, vigenti in quel momento3Modelli di curricolo per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo riferiti alle Indicazioni 2012 e alla Raccomandazione 2018 sono reperibili nel sito www.piazzadellecompetenze.net e nel sito www.francadare.it

Il formato di Unità di apprendimento è stato successivamente rivisto e integrato e quindi quello utilizzato nel progetto  manca di alcuni aspetti presenti nei modelli più recenti (es. evidenze per la valutazione, rubriche). I modelli più recenti sono reperibili nel sito www.piazzadellecompetenze.net  nel settore dedicato al primo ciclo di istruzione

Le “Life skills” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Integrazione con le competenze chiave e strumenti didattici comuni.

Con il termine life skills si intendono le capacità di assumere comportamenti positivi che consentono di trattare efficacemente le richieste e le sfide della vita quotidiana.
Nel 1993 il Dipartimento di Salute Mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha confermato tali abilità psicosociali dell’area personale, sociale, interpersonale, cognitiva e affettiva dell’individuo, quali tecniche privilegiate per la promozione dell’Educazione alla Salute a partire dall’ambito scolastico.

Queste le life skills indicate dall’OMS e una loro breve definizione:

  • Capacità di prendere decisioni (Decision making)
Competenza che aiuta ad affrontare in modo costruttivo le decisioni nelle diverse situazioni e contesti di vita. La capacità di elaborare in modo attivo il processo decisionale può avere implicazioni positive sulla salute attraverso una valutazione delle diverse opzioni e delle conseguenze che esse implicano.
  • Capacità di risolvere problemi (Problem solving)
Competenza che permette di affrontare in modo costruttivo i diversi problemi, i quali, se lasciati irrisolti, possono causare stress mentale e tensioni fisiche.
  • Creatività
Competenza che aiuta ad affrontare in modo versatile tutte le situazioni della vita quotidiana; contribuisce sia alla capacità di prendere decisioni che alla capacità di risolvere problemi, permettendo di esplorare le alternative possibili e le conseguenze delle diverse opzioni.
  • Senso critico
Abilità nell’analizzare informazioni ed esperienze in modo oggettivo, valutandone vantaggi e svantaggi, al fine di arrivare a una decisione più consapevole. Il senso critico può contribuire alla promozione della salute permettendo di riconoscere e valutare i diversi fattori che influenzano gli atteggiamenti e il comportamento, quali ad esempio le pressioni dei coetanei e l’influenza dei mass media.
  • Comunicazione efficace
Consiste nel sapersi esprimere, sia verbalmente che non verbalmente, in modo efficace e congruo alla propria cultura e in ogni situazione particolare. Significa esprimere opinioni e desideri, ma anche bisogni e sentimenti; essere in grado di ascoltare in modo accurato, comprendendo l’altro. Significa inoltre essere capaci, in caso di necessità, di chiedere aiuto.
  • Capacità di relazionarsi con gli altri
Abilità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo sapendo creare e mantenere relazioni significative, fondamentali per il benessere psico-sociale, sia in ambito amicale che familiare. Tale competenza permette anche la possibilità di interrompere le relazioni, quando necessario, in modo costruttivo.
  • Autocoscienza
Autoconsapevolezza o conoscenza di sé, del proprio carattere, dei propri punti forti e deboli, dei propri desideri e bisogni. Abilità di comprensione dello stress. Prerequisito indispensabile per una comunicazione efficace, per relazioni interpersonali positive e per la comprensione empatica degli altri.
  • Empatia
Capacità di comprendere gli altri, di “mettersi nei loro panni”, anche in situazioni non familiari. Abilità di migliorare le relazioni sociali, l’accettazione e la comprensione degli altri.
  • Gestione delle emozioni
Capacità di riconoscere le emozioni in sé stessi e negli altri. Abilità di provare emozioni intense, come rabbia e dolore. Consapevolezza di come le emozioni influenzano il comportamento e capacità di gestione delle stesse.
  • Gestione dello stress
Competenza nel riconoscere le cause di tensione e di stress della vita quotidiana e nel controllarle, sia tramite cambiamenti nell’ambiente o nello stile di vita. Capacità di rilassarsi e gestire le tensioni4Tratto da: Istituto Superiore di Sanità, La promozione della salute nelle scuole: obiettivi di insegnamento e competenze comuni, pp. 24-25, Rapporti ISTISAN 08/1, 2008, reperibile qui.

Come si può vedere dalla descrizione del significato di ciascuna delle dieci life skills, esse sono dimensioni fondamentali per la crescita personale e il benessere. E’ molto importante che le persone possano costruirle fin dai primi anni di vita e l’azione diretta e indiretta della scuola può senza dubbio fare molto.

Il contesto scolastico, infatti, è particolarmente adatto alla costruzione delle life skills perché permette l’interazione tra pari e tra allievi e adulti educanti sia in situazioni sociali e relazionali pure, sia in situazioni di lavoro e di compito; inoltre la scuola, raggiungendo la totalità della popolazione in età evolutiva, può fare in modo che tali fondamentali abilità siano conseguite dalla più ampia platea possibile di soggetti e non solo da coloro che accedono ai servizi sociali e sanitari di prevenzione e cura.

Per aiutare gli allievi a impadronirsi delle life skills, si possono opportunamente articolare percorsi mirati, per esempio di educazione emotivo-affettiva, training di problem solving e di decision making, ecc.

Si può però perseguire intenzionalmente la costruzione delle life skills anche indirettamente attraverso la didattica ordinaria organizzata però per compiti e situazioni per cui gli alunni possano effettivamente sperimentare l’esercizio delle abilità sopra descritte e vederle agite dalle persone di riferimento (pari e/o adulti educanti).

Vi sono molti punti in comune tra le competenze chiave europee e le life skills, tanto da spingerci a proporre un modello di efficace e proficua integrazione, in modo da rendere ordinaria l’azione didattica tesa a costruire le une e le altre. In realtà le dimensioni cognitive, metacognitive, affettive e relazionali collegate alle competenze chiave e alle life skills sono comuni: sia le une che le altre costituiscono delle reti di dimensioni tra loro interdipendenti. A scopo puramente dimostrativo possiamo ipotizzare la seguente corrispondenza, anche se la rappresentazione più corretta dell’integrazione dovrebbe essere una mappa reticolare.

COMPETENZE CHIAVE 2006 COMPETENZE CHIAVE 2018 LIFE SKILLS
COMUNICAZIONE NELLA MADRELINGUA COMPETENZA ALFABETICA FUNZIONALE Comunicazione efficace
Capacità di relazione interpersonale
Gestione delle emozioni
COMUNICAZIONE NELLE LINGUE STRANIERE COMPETENZA MULTILINGUISTICA Creatività/Senso critico
Empatia/Autocoscienza
COMPETENZE IN MATEMATICA E COMPETENZE DI BASE IN SCIENZE E TECNOLOGIA COMPETENZA MATEMATICA E COMPETENZA IN SCIENZE, TECNOLOGIE E INGEGNERIA

 

Problem solving/Senso critico/Creatività/Decision making
COMPETENZA DIGITALE COMPETENZA DIGITALE Problem solving/Comunicazione efficace/Senso critico/Decision making
IMPARARE A IMPARARE COMPETENZA PERSONALE, SOCIALE E CAPACITÀ DI IMPARARE A IMPARARE Problem solving/Autocoscienza/Senso critico/Gestione dello stress/Empatia/ Comunicazione efficace/
Capacità di relazione interpersonale/
Gestione delle emozioni
COMPETENZE SOCIALI E CIVICHE COMPETENZA IN MATERIA DI CITTADINANZA Autocoscienza/Senso critico
Gestione delle emozioni/Empatia
Gestione dello stress
Capacità di relazione interpersonale
SPIRITO DI INIZIATIVA E IMRENDITORIALITA’ COMPETENZA IMPRENDITORIALE Senso critico
Problem solving/Decision making
Creatività
Gestione delle emozioni/Gestione dello stress
Autocoscienza
CONSAPEVOLEZZA ED ESPRESSIONE CULTURALE COMPETENZA IN MATERIA DI CONSAPEVOLEZZA ED ESPRESSIONE CULTURALI Comunicazione efficace/Creatività/Empatia/Autocoscienza
Senso critico

Sono innumerevoli anche gli elementi comuni nell’azione didattica per la costruzione delle competenze e delle life skills e questo è facilmente intuibile, dato che tutte sono comunque competenze che si collocano in ambito cognitivo, metacognitivo, affettivo, relazionale/sociale.
Vediamone alcuni tra i più significativi:

  • Centralità del discente e del processo di apprendimento;
  • Docente che si propone come mediatore e facilitatore, più che come portatore trasmissivo di conoscenze;
  • Assunzione di responsabilità educativa del docente/educatore;
  • Flessibilità didattica: utilizzo di mediatori diversi e flessibili (attivi, iconici, analogici, simbolici);
  • Valorizzazione dell’apprendimento sociale: peer-tutoring, laboratorialità, approccio collaborativo; apprendimento sociale in contesto significativo, discussione;
  • Valorizzazione dell’esperienza attiva, concreta, dell’allievo in contesti significativi veri o verosimili ed estensione dell’approccio induttivo all’apprendimento;
  • Attenzione ai processi metodologici e strategici e alla dimensione relazionale e disposizionale;
  • Valorizzazione ed estensione della riflessione/ricostruzione/narrazione dell’esperienza e dell’azione, per rappresentarle a livello cognitivo e astratto, attribuirvi significato e valore, acquisire metacognizione e modelli di rappresentazione e interpretazione teorici;
  • Attenzione agli aspetti affettivo-emotivi dell’apprendimento;
  • Attribuzione di autonomia e responsabilità all’allievo attraverso i compiti significativi e le unità di apprendimento;
  • Estensione delle pratiche di problem solving, presa di decisione, metodo sperimentale e della ricerca;
  • Anche nell’ esercizio della “didattica tradizionale” e nell’uso della lezione, è opportuno problematizzare, coinvolgere gli allievi, contestualizzare nell’esperienza, dare senso all’apprendimento

Significato dell’integrazione tra competenze chiave e life skills

Il mandato della scuola, come abbiamo visto dalle sollecitazioni europee e nazionali, è quello di aiutare gli allievi a costruire competenze attraverso la mobilitazione in contesti significativi ed esperienziali delle conoscenze, abilità e capacità personali e sociali già possedute, ma anche reperendone di nuove di fronte ai problemi e alle sollecitazioni posti dal compito.
I contenuti connessi alle discipline costituiscono veicoli e mezzi su cui esercitare l’esperienza e divengono poi, se elaborati in conoscenze, mattoni costitutivi delle competenze.
Le conoscenze e le abilità settoriali però non bastano più: è necessario che le persone sappiano concretamente utilizzarle in situazione e integrarle con altre; che sappiano trasferirle a contesti simili e diversi, che siano accompagnate da abilità metacognitive, metodologiche, personali e sociali tali da consentire l’azione efficace in contesti complessi e mutevoli. Rilevantissimo è poi l’accento sulla dimensione sociale ed etica della competenza, caratterizzata dall’azione autonoma e responsabile verso se stessi, la comunità, l’ambiente.
Una persona in possesso delle competenze chiave è più capace di utilizzare i propri strumenti culturali e di reperirne di nuovi, è consapevole dei propri punti di forza e di debolezza, del proprio ruolo nel gruppo e nella comunità, agisce criticamente e nel rispetto delle norme della corretta convivenza.
E’ lecito pensare che una persona dotata di questo patrimonio sia anche in grado di mettere in atto comportamenti responsabili verso la propria e altrui salute e sicurezza e di fare fronte con strumenti più idonei alle crisi e alle difficoltà. Le competenze chiave, come mettono in luce le Raccomandazioni del Parlamento Europeo del 2006 e del 2018, sono necessarie per la realizzazione e lo sviluppo personali e sociali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione: tutti fattori che sicuramente contribuiscono all’equilibrio e al benessere psico-fisico. Esse però aiutano le persone che le possiedono a fare fronte alle difficoltà con migliori strumenti alle crisi, ai lutti, alle situazioni che potrebbero minacciare la salute e l’equilibrio. In una parola, esse contribuiscono in modo fondamentale alla costruzione della resilienza5 Il termine resilienza in fisica indica la capacità di un oggetto di resistere agli urti e alle sollecitazioni senza rompersi. Il significato è stato traslato in psicologia per indicare la capacità delle persone e delle comunità di resistere e reagire positivamente alle avversità conservando l’integrità psicofisica e morale e, anzi, traendo dall’esperienza di difficoltà, risorse di apprendimento per fare fronte ad analoghe future prove. Il concetto di resilienza implica idee di vitalità, ottimismo, flessibilità, perseveranza, supporto esterno..
La resilienza è peraltro l’obiettivo primario anche delle life skills. L’auspicio dell’OMS, nell’enunciarle, è proprio quello di dotare precocemente la popolazione giovane di un patrimonio di base di abilità idonee a fare fronte lungo tutto l’arco della vita alle sollecitazioni positive e negative dell’esperienza, in modo da preservare al massimo l’integrità fisica, mentale, anche morale ed etica.
L’assunto da cui si parte è che il fattore più potente di prevenzione della malattia e del disagio è la persona stessa con la propria capacità di leggere, interpretare, gestire le situazioni nel modo più efficace, non solo nel proprio interesse, ma anche in quello della comunità più ampia, poiché l’individuo è interdipendente rispetto al contesto di vita.
Se la competenza è “sapere agito”, capacità di agire con ciò che si sa, i contenuti e le conoscenze che normalmente la scuola propone agli allievi in ambito scientifico, sociale, tecnologico, dovrebbero essere organizzati e collocati in proposte didattiche tali da dare loro senso e significato e mostrarne l’utilità (non l’utilitarismo) per la vita.
Facciamo alcuni esempi: tra le conoscenze scientifiche, viene normalmente proposto il corpo umano, il suo funzionamento attraverso organi e apparati. Che senso ha possedere queste conoscenze se non per utilizzarle per tutelare l’integrità del corpo stesso? Quindi è più facile che questo senso si colga se agli allievi vengono proposti compiti e contesti pratici che mostrino quali siano le condizioni che preservano o minacciano il buon funzionamento del corpo umano e le sue componenti.
L’alimentazione può diventare a questo proposito un buon terreno di indagine dal punto di vista del contenuto degli alimenti, del fabbisogno energetico, ma anche dell’aspetto affettivo e simbolico del cibo, dei modelli culturali e sociali che ne condizionano il consumo. Un’indagine sulla corretta alimentazione può diventare terreno di costruzione di conoscenze e competenze scientifiche (esempio: la relazione corpo/cibo; cibo/energia/movimento, la lettura e l’interpretazione delle etichette degli alimenti, ecc., con una serie di conoscenze fisiche, chimiche, biologiche, che in questo modo acquisiscono un senso e una motivazione tangibili); competenze sociali e civiche (pensiero critico intorno alla pubblicità e agli interessi economici, ai modelli culturali e sociali relativi al corpo e al cibo; alle questioni storiche, economiche politiche legate al fabbisogno alimentare delle popolazioni); consapevolezza ed espressione culturale (esempio, il cibo nell’arte e nella religione..).
Le leggi fisiche della dinamica (velocità, accelerazione, inerzia), che normalmente vengono studiate nei manuali e attraverso le formule, acquisirebbero altro senso se applicate ad un’indagine sulle condotte stradali e sugli incidenti, partendo dall’esperienza diretta degli allievi come utenti della strada. Le leggi fisiche, del resto, agiscono in ogni aspetto dell’azione quotidiana: salire e scendere le scale in sicurezza, correre, saltare, fare sport.
Si tratta di inquadrare le conoscenze in situazione: in questo modo esse, non solo acquisiscono immediatamente senso e valore, ma si integrano, superando la frammentazione disciplinare e acquisendo immediatamente una maggiore capacità di contribuire alla lettura e interpretazione dei fenomeni complessi.
Naturalmente, l’applicazione delle conoscenze specifiche in situazione, deve essere accompagnata dall’aspetto riflessivo sull’esperienza, in modo che non resti un mero esercizio tecnico. In questo modo su costruisce la competenza vera e propria in tutti i suoi aspetti scientifico-tecnologico, sociale e civico, comunicativo, ecc.
Le life skills, quindi possono essere viste, dal punto di vista della missione della scuola, come dimensioni educative che specificano e integrano le competenze chiave; le une e le altre come finalità dell’istruzione e dell’educazione, per la formazione della persona e del cittadino autonomo, responsabile, resiliente.
La visione integrata e olistica di educazione e formazione insita nel concetto di competenza (e quindi nelle competenze chiave e nelle life skills) porta a riconsiderare l’approccio che sino ad ora è stato tenuto nella scuola verso gli interventi diretti a vario titolo all’educazione alla salute, alla sicurezza, alla sessualità, ecc.
Non si tratta più di programmare interventi settoriali e specifici, magari delegati totalmente ad esperti esterni di informazione sulle diverse tematiche, ma di considerare l’istruzione stessa nel suo complesso come veicolo di formazione ed educazione della persona. L’educazione stradale, l’educazione ambientale, l’educazione sessuale, l’educazione alla salute, ecc., non hanno senso di esistere come approcci distinti, ma debbono integrarsi in un curricolo che prenda in carico l’educazione “tout court”. Ciò non significa che gli esperti esterni non possano svolgere un’importantissima e a volte insostituibile opera di supporto e consulenza, sia in fase di progettazione degli interventi, sia direttamente verso gli alunni e le famiglie. Si chiede però alla scuola di affrontare tutte le tematiche come parte del proprio lavoro ordinario e quotidiano, nel quale gli esterni svolgono un ruolo che però rientra in un disegno complessivo gestito dalla scuola stessa e non delegato ad altri. Negli esempi che abbiamo fatto sopra relativamente al senso delle informazioni e delle conoscenze, abbiamo dimostrato come un qualsiasi argomento può e deve essere motivo di riflessione educativa generale, di approfondimento, di ricerca sui comportamenti, sulle regole, sulla relazione tra l’individuo, la propria salute, la comunità, l’ambiente.
La didattica per competenze, che prevede la messa alla prova degli studenti intorno a questioni, problemi, situazioni specifiche d’esperienza, per mettere a punto, insieme ad altri, soluzioni e interventi, si colloca in questa prospettiva d’intervento.

Scuola, aziende sanitare, educazione alla salute

Le riflessioni più recenti intorno alle politiche di prevenzione sanitaria ed educazione alla salute hanno messo in luce i limiti e le manchevolezze degli approcci tradizionali, fondati su interventi informativi diretti alla cittadinanza o comunque a grandi gruppi (esempio: conferenze sui rischi del fumo e dell’alcool, sulle tossicodipendenze, ecc.). mediante queste strategie si raggiungono, è vero, grandi numeri di persone in breve tempo, ma è anche dimostrato che un approccio esclusivamente verbale, cognitivo, frontale, difficilmente incide in modo significativo e durevole sui comportamenti dei singoli. Inoltre, tali interventi raggiungono comunque solo le persone che vogliono parteciparvi e non la generalità della popolazione.
Così avviene anche per gli interventi informativi fatti nelle scuole: se essi si limitano ai cicli di incontri nelle classi ad opera di un esperto, non incidono efficacemente nel mutamento dei comportamenti. Ugualmente, vengono raggiunte quelle classi in cui l’esperto viene chiamato o può intervenire, non la popolazione. Ciò significa che non vengono garantiti alla generalità della cittadinanza quei “livelli essenziali di prestazione” cui tutti avrebbero diritto e che consentirebbero la diffusione degli strumenti preventivi.
Ci sono interventi condotti in questi anni nelle scuole in tema di educazione alla salute che sono stati inseriti nel POF, assunti dai consigli di classe, portati avanti di concerto tra insegnanti e operatori sanitari con approcci misti informativi, esperienziali, laboratoriali. Valide esperienze in tal senso sono state realizzate in tema di educazione alimentare, educazione affettiva-sessuale, prevenzione delle tossicodipendenze.
Certamente le modalità con cui sono stati condotti hanno migliore possibilità di incidere sui comportamenti quotidiani dei ragazzi. Essi però conservano il limite di essere interventi di settore, non sistematici, realizzati da alcuni insegnanti e non da altri, chiusi e finiti in se stessi.
Ciò che si propone di fare, invece, è di considerare ogni aspetti del curricolo, ogni conoscenza come funzionale alla vita quotidiana, ora o in prospettiva futura e di contestualizzare nell’esperienza i contenuti che si propongono, attraverso compiti che sollecitino l’autonomia e la responsabilità degli allievi.
Se ciò avvenisse come modalità sistematica, generalizzata di lavoro nella scuola, come del resto le norme chiederebbero, tutta la popolazione giovane potrebbe giovarsene e non solo alcuni “fortunati”; poiché tutti i giovani in età evolutiva sono interessati dall’esperienza scolastica, i fattori protettivi che l’essere competenti porta con sé (senso critico, autonomia, responsabilità, autoefficacia, ecc.) sarebbero offerti alla generalità della popolazione, diventando anche fattori di prevenzione del disagio e della malattia.

Il progetto integrato scuola ULSS

Il comune interesse ad educare persone e cittadini autonomi, responsabili e resilienti della scuola e delle aziende sanitarie ha spinto, nell’ a.s. 2010/11, l’ULS 9 di Treviso a pianificare con l’Ufficio Scolastico Territoriale un intervento pilota sulla didattica per competenze integrata con le life skills in alcune scuole del primo ciclo appartenenti al territorio dell’azienda sanitaria.
Hanno aderito all’iniziativa un Istituto Comprensivo, due Direzioni Didattiche e una scuola secondaria di primo grado. Circa 30 insegnanti e altrettanti operatori sanitari hanno partecipato ad una formazione comune sulla didattica per competenze e hanno quindi coprogettato, in gruppi di lavoro tematici, alcune unità di apprendimento che avevano come argomento la salute, la sicurezza, il benessere.
Le unità di apprendimento sono state realizzate e altre ne sono state progettate in corso d’anno, con soddisfazione dei docenti, degli operatori, degli alunni e anche delle famiglie.
I materiali dell’iniziativa sono visibili nel sito dell’UST di Treviso …qui.

Il successo dell’iniziativa ha suggerito, nell’anno successivo di allargare l’esperienza a tutta la Regione Veneto, grazie alla disponibilità di un finanziamento che la Regione del Veneto aveva affidato in gestione proprio all’ULS 9 per la formazione sul campo degli operatori sanitari sui temi del progetto nazionale “Guadagnare salute”: alimentazione, movimento, contrasto all’uso del fumo e all’abuso di alcool.
Grazie ad un accordo tra l’ULS 9 e l’USR del Veneto, si è proposta a tutte le ULS del Veneto e ad una Istituzione scolastica appartenente al territorio di ciascuna azienda sanitaria la formazione congiunta operatori-insegnanti e la progettazione di unità di apprendimento.
Hanno aderito e portato a termine il progetto 16 aziende sanitarie di sei delle sette provincie venete (Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Vicenza) e insegnanti di 18 Istituti scolastici del primo ciclo appartenenti alle stesse ULSS. Il coordinamento didattico e scientifico, la supervisione e la docenza sono state affidate alla dirigente scolastica Franca Da Re.

Nel mese di ottobre 2011 è stata realizzata una giornata di formazione in presenza sulla didattica per competenze nelle seguenti sedi:

  • Vicenza
  • Padova (per le ULSS di Padova e Rovigo)
  • Venezia
  • Treviso (per le ULSS 7 e 8 di Treviso e per le ULSS di Belluno
  • Verona (questa Provincia non ha poi dato seguito all’iniziativa)

Successivamente, i gruppi di lavoro misti operatori insegnanti costituiti in ciascuna ULSS, hanno progettato ciascuno una unità di apprendimento avente per argomento temi di salute e benessere, che è stata revisionata dalla dott.ssa Franca Da Re. Alcuni gruppi hanno articolato l’unità di apprendimento per i diversi gradi di scuola.

Per la realizzazione delle Unità di apprendimento, i gruppi si sono avvalsi di un modello di curricolo per competenze fornito dalla coordinatrice scientifica. Questo perché non tutti gli istituti erano dotati di un curricolo per competenze e comunque, il disporre di un modello comune garantiva migliori possibilità di condividere i linguaggi e le azioni. La restituzione dei risultati del lavoro di progettazione è stata effettuata in un incontro in presenza svoltosi nelle stesse sedi del primo, tra novembre e dicembre 2011.

Da gennaio 2012, le unità di apprendimento sono state realizzate nelle scuole; in maggio è stata effettuata la verifica finale attraverso un incontro in presenza e la registrazione del bilancio, a cura degli insegnanti coinvolti, attraverso la compilazione di una scheda di sintesi. Complessivamente, sono state prodotte e realizzate 31 unità di apprendimento rivolte ad alunni di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado.

Le unità di apprendimento, il curricolo di riferimento e i documenti di sintesi sono pubblicati in questo sito nella pagina dedicata ai meteriali del progetto.

Prospettive

Il nostro auspicio è che l’esperienza realizzata possa essere di stimolo alla diffusione della didattica per competenze in tutte le scuole. Le motivazioni che spingono ad incoraggiare questa evoluzione sono troppo importanti per essere trascurate: la necessità di sostenere la motivazione e l’interesse ad apprendere degli alunni, la necessità di garantire loro competenze indispensabili ad agire in una società complessa e mutevole; la presenza di crescenti complessità relazionali nelle classi e nelle comunità, derivanti dalla multiculturalità, dall’incremento esponenziale di modelli culturali ed educativi, la difficoltà educativa presente in molte famiglie, che rende i giovani più fragili e vulnerabili di fronte alla realtà.

Non va dimenticato che le strategie su cui si basa la didattica per competenze sono particolarmente adatte a classi complesse e numerose, perché valorizzano l’esperienza diretta, il protagonismo degli alunni, la relazione e il mutuo aiuto tra pari, sostengono la motivazione all’apprendimento. In questa organizzazione del lavoro, si fa molto conto sulle risorse degli allievi, piuttosto che sulla centralità del docente, che ovviamente, rimane figura insostituibile, ma con un ruolo che lascia più spazio alla supervisione, al coordinamento e al sostegno.

Il cambiamento nelle pratiche didattiche richiede uno sforzo contestuale di mutamento di prospettiva verso l’organizzazione del lavoro e la collegialità da parte dei docenti e della comunità scolastica, che dovrebbe essere sorretto da iniziative sistematiche di formazione, aggiornamento e supervisione.

Non ci si nasconde che anche l’organizzazione del lavoro attuale degli insegnanti non incoraggia alla collegialità, alla coprogettazione e alla condivisione.

Pure in presenza di questi vincoli, però, non va trascurata la considerazione che, se esiste una didattica capace di guadagnare alla partecipazione, all’interesse, al successo scolastico alunni che ora ne sono esclusi o vi si autoescludono, sarebbe dovere deontologico da parte di tutti gli operatori impegnarsi perché tale didattica venga intrapresa, pena la perdita progressiva di inter generazioni non solo alla motivazione scolastica, ma anche al conseguimento di competenze indispensabili alla vita e alla cittadinanza.

Il lavoro collegiale, la corresponsabilità, la condivisione tra insegnanti, la soddisfazione derivante da migliori risultati e da una relazione più significativa con gli allievi sono di per sé fattori protettivi per la salute e il benessere degli stessi docenti; ciò può essere motivo di convincimento a impegnarsi nel cambiamento anche in presenza di vincoli strutturali.

La didattica per competenze, specie se integrata con le life skills, permette anche l’arricchimento e il potenziamento delle relazioni con il territorio (Comuni, ULSS, Associazioni…) ed anche la progettazione di percorsi comuni rivolti alla cittadinanza.

Questo può favorire la creazione di condizioni di contesto generale che sicuramente sostengono la costruzione di competenze dei cittadini non solo in età scolare. Potrebbe essere il caso, ad esempio, di un’iniziativa in cui la scuola, il Comune, il territorio sono impegnati nel miglioramento della vivibilità ambientale: risparmio energetico, raccolta differenziata, consumo responsabile, realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili sicuri, animazione di gruppi di cammino…

La scuola del primo ciclo è particolarmente importante su questo fronte perché l’età degli allievi è quella ottimale per l’avvio e il radicamento delle competenze; la maggiore possibilità di approccio olistico del curricolo e la sua possibilità di flessibilità in questo ciclo di scuola, facilitano enormemente la costruzione di percorsi di didattica per competenze. La vicinanza territoriale delle scuole alle altre istituzioni e sovente la corrispondenza tra luogo di vita e luogo di studio degli alunni (non così presente, ad esempio, per le scuole del secondo ciclo) facilitano la relazione tra le Istituzioni stesse, che condividendo l’utenza, possono anche ritrovare comuni interessi e iniziative a vantaggio della stessa.

Non va trascurata l’importanza, agli occhi all’utenza, del fatto che grandi istituzioni del territorio, come la scuola, le ULSS, i Comuni, si presentino con visioni, proposte, iniziative comuni, moltiplicando così le possibilità di penetrazione e di efficacia, evitando, nel contempo, la sovrapposizione e la frammentazione di azioni che, oltre che divenire inefficaci, si traducano in dissipazione di risorse economiche pubbliche.

Biblio-sitografia minima

Note

  • 1
    Questo paragrafo è una rielaborazione tratta da: Franca Da Re, Didattica delle competenze per una formazione efficace, in: Formare giovani autonomi e responsabili: la didattica per competenze in Veneto, USR Veneto, 2009, capitolo 2, pp. 39-70, reperibile qui
  • 2
    Le definizioni riportate, sono tratte da materiali ISFOL citati in “Competenza e Competenze. Quadro di riferimento” materiali di lavoro a cura di Italia Forma, 2004
  • 3
    Modelli di curricolo per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo riferiti alle Indicazioni 2012 e alla Raccomandazione 2018 sono reperibili nel sito www.piazzadellecompetenze.net e nel sito www.francadare.it
  • 4
    Tratto da: Istituto Superiore di Sanità, La promozione della salute nelle scuole: obiettivi di insegnamento e competenze comuni, pp. 24-25, Rapporti ISTISAN 08/1, 2008, reperibile qui
  • 5
    Il termine resilienza in fisica indica la capacità di un oggetto di resistere agli urti e alle sollecitazioni senza rompersi. Il significato è stato traslato in psicologia per indicare la capacità delle persone e delle comunità di resistere e reagire positivamente alle avversità conservando l’integrità psicofisica e morale e, anzi, traendo dall’esperienza di difficoltà, risorse di apprendimento per fare fronte ad analoghe future prove. Il concetto di resilienza implica idee di vitalità, ottimismo, flessibilità, perseveranza, supporto esterno.