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Vademecum per figure di sistema nella scuola per persone competenti. Strumenti di lavoro e pacchetti formativi

Indice

Introduzione: le ragioni della proposta

Gli strumenti di lavoro e i percorsi formativi documentati in PIAZZA delle COMPETENZE sono finalizzati allo sviluppo della Scuola per persone competenti e sono rivolti a chi, in varia forma e a livelli diversi, intenda sostenerla: sia coloro che vogliano orientare ad essa il proprio approccio didattico, utilizzando le Linee Guida per la pratica didattica, la valutazione e la certificazione, le Linee guida per la valutazione finale e la prova esperta e i materiali esemplificativi proposti, sia coloro che intendano anche farsene promotori, rivestendo all’interno del proprio istituto e del sistema scuola ruoli e/o funzioni vitali dal punto di vista gestionale e organizzativo (dirigenti scolastici, docenti con funzioni strumentali, coordinatori dei consigli di classe e dei dipartimenti, tutor di gruppi di ricerca e di formazione, consulenti dei consigli di classe…).
Questo vademecum è rivolto proprio a costoro, che citeremo a vario titolo come figure di sistema, ed ha l’intento di orientare e sostenere, attraverso la proposta di strumenti di lavoro e percorsi formativi ad hoc, il contributo che potranno dare al miglioramento della scuola. Solo una progettualità condivisa e una visione sistemica potranno infatti garantire i cambiamenti necessari alle istituzioni scolastiche impegnate nella non facile via dell’autonomia, per affrontare le sfide del sistema, rispondere ai bisogni emergenti, risolvere i problemi nuovi.
La scuola per persone competenti che il “modello veneto di gestione delle competenze” propone, con riferimento alle raccomandazioni europee e alle riforme nazionali, oltre che al processo di innovazione emergente dalla base, valorizza la disposizione naturale dei giovani ad agire e reagire responsabilmente nel mondo e la educa anche attraverso l’interiorizzazione di competenze chiave di cittadinanza capaci di dare senso e spendibilità sociale alle conoscenze e alle risorse culturali in via di acquisizione. Richiede agli insegnanti, al personale scolastico e alla società l’attesa positiva nei confronti delle potenzialità dei giovani e la disposizione affettiva a coinvolgere gli studenti in attività utili e dotate di valore reale per la loro vita attuale e futura, insieme all’accompagnamento costante nei vari momenti dell’esperienza culturale, in un clima di stima e di fiducia reciproca, oltre che di impegno e di sforzo personale.
La scuola per persone competenti è dunque prima di tutto una scuola di insegnanti competenti, ai quali non basta la conoscenza, per quanto profonda, della propria disciplina: il loro profilo si caratterizza per l’apertura alla contemporaneità e la sensibilità alle sue grandi problematiche di carattere sociale, economico, ambientale, anche attraverso la fruizione dei vari canali informativi (giornali, siti internet, mass media in generale). Indispensabile è il possesso di conoscenze psicopedagogiche ma soprattutto l’empatia con le giovani generazioni e la disponibilità ad entrare in dialogo con i modi di apprendere e con i linguaggi da esse privilegiati, che contribuiscono alla capacità di selezionare ciò che è più significativo per loro nella vasta mole di conoscenze in continua espansione.
La responsabilità culturale e sociale di questa scelta, così come quella di organizzare un ambiente di apprendimento aperto al mondo reale, all’extrascuola, al web cooperativo, capace di coniugare apprendimenti formali e non formali, non è solo individuale: richiede interazione e condivisione a vari livelli all’interno e all’esterno dell’istituto. Se in-segnare significa, etimologicamente, lasciare il segno, questo è la traccia di un’azione progettuale nella quale il rapporto individuale docente-allievo è solo una, per quanto rilevante, delle componenti. Il Piano dell’Offerta Formativa e il suo ampliamento si qualificano infatti grazie all’azione di tutti.
Come già alcuni anni fa sottolineava Piero Romei, l’innovazione educativa non può essere disgiunta dall’innovazione organizzativa: “L’autonomia comporta la costruzione di una identità come soggetto unitario; questo richiede imprescindibilmente lo sviluppo e il consolidamento di prassi di azione collettiva; l’azione collettiva non si esaurisce nella decisionalità collegiale, ma richiede il coordinamento della messa in opera delle decisioni collegialmente prese; ha bisogno di una struttura organizzativa capace di sostenerla, fatta di gruppi formalizzati e di ruoli di coordinamento intermedio.”1Romei P., in Tonna Paola, INTERVISTA al prof. Piero ROMEI, novembre 2004 http://www.apefassociazione.it/CentroStudi/041110Romeisito.pdf
Una parte importante di questo vademecum è dedicata al confronto tra “Livret personnel de competences” ed il “Modello veneto di gestione delle competenze”, nella convinzione che sia importante per tutti gli operatori della scuola e ancor più per le figure di sistema il confrontarsi con i modelli educativi di altri paesi, in particolare con quelli che hanno nel campo della didattica per competenze un’esperienza più avanzata e più organizzata a livello statale rispetto alla nostra, come appunto accade per la Francia. Il sistema francese, come vedremo nella parte II, nel proporre alla scuola uno “zoccolo comune” di competenze come punto di riferimento continuo nel passaggio tra i diversi cicli scolastici fino a 16 anni, fornisce anche le indicazioni e gli strumenti per svolgere questa attività in modo razionale e con quadri di riferimento comuni, in particolare per quanto riguarda la certificazione delle competenze e l’accompagnamento del profilo dell’allievo attraverso tre “bilanci di competenza” in progressione. Il sistema italiano è in tal senso ancora da completare: le Linee guida e gli strumenti del modello veneto di gestione delle competenze rappresentano una risorsa per colmarne le carenze.
Tra le ragioni del vademecum, infine, vi è l’obiettivo di far tesoro della ricca mole di materiali prodotti, di energie e di expertìse spese a livelli diversi in Veneto nell’ambito di progetti diversi finalizzati alla scuola per persone competenti, a partire da quelli che ne hanno costituito il nucleo d’avvio, nell’ambito dell’Alternanza Scuola Lavoro.
Quest’ultima ha rappresentato e rappresenta per sua natura, grazie al collegamento con l’extrascuola e al principio dell’equivalenza formativa tra scuola e azienda (oltre che per precisa intenzione di coloro che l’hanno progettata in Veneto), un primo laboratorio della didattica per competenze, con forte coinvolgimento dei Consigli di classe interessati nell’anno scolastico 2007-2008 e nell’anno scolastico 2008-2009 e una positiva occasione di formazione e di coinvolgimento sul campo di docenti (i tutor dei progetti di ASL e successivamente i consulenti dei consigli di classe, come vedremo meglio nel paragrafo 2.1.1), che rappresentano ora una notevole risorsa per la scuola veneta.
A partire da questa esperienza specifica e in parallelo ad essa si sono sviluppati i percorsi per l’innovazione dei curricoli scolastici e il loro allineamento alle più recenti direttive europee e internazionali, anche allo scopo di realizzare la riforma della scuola secondaria di secondo grado, diventata norma con i regolamenti del 2010. I più recenti sviluppi si sono avuti nel progetto Azioni di sistema per la realizzazione di strumenti operativi a supporto dei processi di riconoscimento, validazione e certificazione delle competenze, nell’ambito dell’iniziativa della Regione Veneto – Direzione regionale lavoro, con il coinvolgimento di un centinaio di istituti secondari di secondo grado raggruppati in sei reti collegate, coinvolte nell’elaborazione e nella sperimentazione di Linee guida e di strumenti coerenti (rubriche delle competenze, UdA e prove esperte).
Tutte queste esperienze sono documentate in diversi link di PIAZZA delle COMPETENZE, alcuni dei quali già evidenziati nelle righe precedenti, che costituiscono tutti insieme la mappa di un ricco itinerario nella scuola per persone competenti.

Parte Prima – Costruire il sistema scuola per le competenze
a cura di Maria Renata Zanchin

Contesti e ruoli che cambiano in una scuola che cambia: le figure di sistema nella molteplicità dei ruoli e delle funzioni

La dimensione della progettualità condivisa sta da anni trasformando, insieme al principio della leadership distribuita e partecipata, la gestione delle istituzioni scolastiche e la professionalità dei docenti, anche in connessione con il conferimento della dirigenza ai capi d’istituto.
La gestione di tipo sistemico e la dimensione della comunità professionale sembrano essere le più adatte a incrementare la qualità del servizio scolastico, oltre che a sostenere lo spirito e l’azione del personale della scuola, perché grazie alla responsabilizzazione aiuta a contrastare, l’eventuale scetticismo e la tendenza a lamentarsi dello status quo.
Il processo però si sta sviluppando in forma a volte sofferta e con alterne vicende, considerato che quello del lavoro cooperativo è uno stile tutto da acquisire nel nostro paese a differenza che in altri, per esempio nel mondo anglosassone, dove rappresenta una modalità più abituale. Del resto, in prospettiva generale e al di là di distinzioni antropologiche, si può precisare con Bochicchio: “Se, come ha sostenuto Morin, è necessario “apprendere a vivere”, allora anche convivere nell’organizzazione non è soltanto una dote innata (un talento personale), ma una competenza che la formazione può contribuire a migliorare.”2Bochicchio F. (2011), Convivere nelle organizzazioni. Significati,indirizzi, esperienze, Raffaello Cortina Editore, p.XI, spunto che apre all’importante tema della formazione, affrontata nel paragrafo 2.
A supporto di questa prospettiva, vale la pena citare sul piano livello internazionale, tra i documenti dei Ministri dell’Educazione del Consiglio d’Europa, la Dichiarazione di Lubiana “Education for Sustainable Democratic Societies: the Role of Teachers”, del giugno 2010. Gli obiettivi comuni per le azioni future nel campo della professionalità dei docenti e della loro formazione vengono identificati nei seguenti:

  • la promozione delle competenze trasversali richieste affinchè promuovano nella comunità degli studenti le competenze necessarie a vivere in una società democratica e inclusiva;
  • l’incoraggiamento di capacità cooperative nella comunità educativa, così che tutti i suoi attori siano coinvolti in un approccio basato sulla condivisione di responsabilità;
  • il riconoscimento sociale della professione docente.

Sul piano nazionale e normativo, facendo un rapido excursus, già da alcuni anni, con il definirsi dell’autonomia scolastica, e via via attraverso i diversi contratti nazionali di lavoro, sono state introdotte le cosiddette “funzioni strumentali” (precedentemente chiamate “funzioni obiettivo”), con compiti di sviluppo strategico del POF e di ampliamento dell’offerta formativa, di coordinamento di gruppi di lavoro per iniziative e progetti diversi, oltre che di appoggio al dirigente scolastico. Figure indispensabili, considerate le varie forme di autonomia che il DPR n. 275/1999 (Regolamento in materia di autonomia) ha introdotto: didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, per le quali l’istituzione scolastica ha bisogno di presenze che stimolino, coordinino, offrano nuove motivazioni.
I diversi contratti di lavoro succedutisi si sono occupati della questione, all’interno del tema della funzione docente: all’inizio si era parlato di vere e proprie figure di sistema (c. 7 e 8 dell’articolo 38 del CNNL Scuola del 1995), ovvero di particolari profili di specializzazione, relativi agli aspetti scientifici, didattici, pedagogici, organizzativi, gestionali e di ricerca, con eventuali implicazioni sul sistema di progressione professionale del personale interessato, poi si è preferito parlare di funzioni obiettivo e di funzioni strumentali (art. 28, c.c.n.l. 26 maggio 1999), a supporto e per lo sviluppo della scuola dell’autonomia.
Venivano individuate quattro aree di competenze, articolabili in specifiche funzioni (all. 3 al CNNL/1999) volte al raggiungimento degli obiettivi connessi con:

  • il coordinamento della didattica (gestione del Piano dell’offerta formativa);
  • la formazione in servizio (sostegno al lavoro dei docenti);
  • il sistema di accoglienza e di orientamento (interventi e i servizi per gli studenti);
  • i rapporti nel territorio (attuazione di progetti formativi d’intesa con Enti ed Istituzioni esterni alla scuola) per la realizzazione di un ambiente formativo pienamente integrato.

Con il rinnovo del contratti successivi si è resa più flessibile tale ripartizione per una rispondenza delle funzioni ai bisogni via via emergenti.
In realtà, la questione si intreccia con quella relativa alla carriera degli insegnanti e si complica a causa di un equivoco mai superato, come sostiene Alessandra Cenerini3Cenerini A., Carriera docente, in Voci della scuola, Tecnodid Editrice, 2004: “a partire dal primo riferimento normativo nell’art. 21 della legge 59/1997, istitutivo dell’autonomia scolastica, che aveva stabilito che l’attribuzione della dirigenza ai capi d’istituto fosse contestuale all’individuazione di nuove figure professionali del personale docente“. Ma mentre la dirigenza è stata realizzata, a tutt’oggi non si è ancora posto mano alla formalizzazione della carriera docente.
Il nuovo assetto autonomo, per essere realizzato veramente, dovrebbe infatti implicare, a nostro avviso, accanto e oltre l’individuazione di funzioni strumentali, la necessaria ridefinizione del profilo professionale del docente e la sua revisione, con riconoscimenti di carriera e di retribuzione a chi maggiormente si impegna per la qualità della scuola, assumendo ruoli di responsabilità e guidando i colleghi meno esperti. Anche il ruolo sociale dei docenti assumerebbe evidentemente in questa direzione una connotazione più significativa.
Al di là di questa problematica, che rischia di diventare spinosa, in questo vademecum l’espressione “figure di sistema” viene proposta in senso generale, alludendo a una complessità di ruoli (il dirigente scolastico e il vicepreside) e a una varietà di funzioni strumentali al Piano dell’Offerta Formativa, ma anche organizzative e di coordinamento all’interno dell’istituto e nei rapporti con l’esterno, in base alle esigenze via via emergenti.
Ci soffermeremo solo su alcune di esse, quelle che più ci interessano per alcuni particolari aspetti della scuola per persone competenti, alcune delle quali dal profilo relativamente nuovo: coordinatori dei consigli di classe e dei dipartimenti, docenti con funzione di mentoring nella gestione del dossier/portfolio dello studente, tutor di ASL, tutor di gruppi di ricerca e di formazione e infine consulenti dei consigli di classe.

L’Istituto nella rete formativa

La progettualità condivisa comporta tanto un’adeguata organizzazione interna all’istituto quanto la capacità di stabilire scambi, alleanze e partenariati con altri istituti scolastici, con l’università, con altre agenzie educative, con il mondo del lavoro, sviluppando attraverso progetti in rete la capacità di innovazione e di dare risposte ai bisogni emergenti dal contesto e dal territorio. La presenza di figure di sistema che garantiscano la vitalità e la qualità dell’azione educativa è necessaria sia nell’organizzazione interna che nei rapporti con l’esterno.
La dimensione delle reti di scuole, prevista dall’art.7 del DPR n. 275/1999 (Regolamento in materia di autonomia) “per attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilità, ferma restando l’autonomia dei singoli bilanci, di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività coerenti con le finalità istituzionali” si è largamente diffusa. Si tratta di una dimensione intermedia tra l’autorità pubblica e il singolo organismo formativo, che garantisce la flessibilità e la contestualità delle scelte rispetto ai bisogni locali senza che queste diventino arbitrarie e solipsistiche del singolo istituto. Promuove confronto, scambio, maggiore responsabilità, una risposta variegata e plurima ai bisogni formativi nel territorio, la giusta dose di leale concorrenza mista alla cooperazione. I progetti di rete, basati su partenariati con altri istituti e con enti diversi sul territorio, con possibile presenza di esperti esterni e dell’università, richiedono l’attivazione negli istituti partner di referenti di progetto e di tutor dei gruppi di lavoro. Queste figure dovrebbero essere caratterizzate da apertura, curiosità, capacità comunicativa e progettuale, oltre che da notevole flessibilità e tolleranza nei confronti delle differenze di stile e di tradizioni che inevitabilmente si incontrano nell’aggregarsi di istituti e enti diversi in rete. La loro padronanza sta nel garantire il risultato della produzione di gruppo senza che il prodotto prevarichi sul processo di presa di consapevolezza e di riconoscimento della propria identità di Istituto nell’apertura, nel confronto e nella condivisione all’interno di una identità più ampia.

I consigli di classe come organismi vitali della scuola per persone competenti: nuovi compiti, clima, funzioni

Grande rilievo assumono nella scuola per persone competenti i gruppi/comunità di docenti e tra questi i dipartimenti per assi culturali/aree professionali e i consigli di classe. Impegnati questi ultimi da un lato nella costruzione e realizzazione partecipate del percorso formativo, dall’altro nella valutazione e certificazione condivise delle competenze dello studente, calano e reinterpretano nei diversi contesti le linee stabilite a livello di Istituto e/o di Rete territoriale e mettono in moto dinamiche complesse, importanti quanto i prodotti che dal lavoro di tali organismi ci si attende.
Risultano preziose le azioni di micro innovazione didattica e i delicati processi di mediazione che nella quotidianità vengono molto spesso resi possibili grazie ai talenti e allo spirito di iniziativa di tanti docenti e in particolare di coloro che svolgono con efficacia il ruolo non facile di coordinatore del consiglio di classe. Ma non per questo vanno dati per scontati: sono indispensabili adeguati interventi di formazione sui modelli e sulle pratiche della comunicazione, dell’interazione e della progettazione, rivolti in particolare ai coordinatori, per promuoverne la capacità di leadership e di mediazione.
Il Consiglio di classe si trova al centro di un processo a più dimensioni, finalizzato alla crescita di uno studente competente e di un cittadino attivo e responsabile, secondo le linee indicate dal Consiglio d’Europa e dei risultati attesi prospettati dai Decreti di riforma della scuola secondaria di secondo grado.
Il perno del processo è la progettazione del percorso formativo in cooperazione con i dipartimenti di area, con le risorse dell’extrascuola e sempre integrando le conoscenze e le abilità delle singole discipline e dei singoli docenti. Si articola in una serie di azioni:

  • la condivisione dei risultati attesi indicati dai regolamenti della riforma e contestualizzate nelle rubriche adottate dall’Istituto;
  • l’individuazione di Unità di Apprendimento, finalizzate a promuovere soglie intermedie di competenze previste nelle rubriche e collegate a evidenze certificabili e contestualmente la scelta di compiti-prodotto capaci di far collaborare più discipline e di mobilitare abilità e conoscenze per il maturare di competenze;
  • la condivisione di indicatori di valutazione trasversali e di azioni e strumenti per realizzare la valutazione diagnostica iniziale, la valutazione formativa in itinere, in parallelo alla comunicazione sulle dimensioni di crescita della personalità degli studenti, la valutazione sommativa finale;
  • la scelta/progettazione e la somministrazione della prova esperta nell’imminenza dei momenti certificativi;
  • la documentazione e la tracciabilità della “filiera” del profilo di ciascun studente in vista della certificazione delle competenze

Tutto questo richiede ai membri del consiglio la condivisione dell’approccio per competenze, la disponibilità a comunicare e a lavorare insieme, ma anche la capacità di darsi un’rganizzazione, con funzioni di delega reciproca.
Considerazioni analoghe seppure su azioni diverse si possono fare per i dipartimenti di asse culturale/area professionale, ma anche per gli staff che gestiscono i diversi specifici progetti, partenariati, concorsi in cui l’istituto è coinvolto singolarmente e in rete, tra i quali l’alternanza scuola lavoro.

La gestione del dossier/portfolio dello studente

Una nuova esigenza, che trae vantaggio da una buona gestione comunicativa ed organizzativa del consiglio di classe, nasce con l’introduzione della certificazione delle competenze nel primo biennio della scuola secondaria di secondo grado (D.M. 9 del 27-01-2010).
Se la certificazione è da concepire, come crediamo, in termini di processo collegato alla valutazione, nel contesto globale del percorso formativo, fondamentali risultano l’accompagnamento dell’allievo e la documentazione, che ne rende “tracciabile” il profilo, giustificando quanto certificato, attraverso la duplice azione dell’Istituto e dello studente stesso.
Questi compone il suo portfolio personale attraverso la scelta consapevole dei prodotti significativi e rappresentativi del suo percorso verso la competenza, con l’appoggio di un docente di riferimento, che assume il ruolo di mentore4 l’ origine del termine deriva dalla cultura classica, nella quale Mentore (figura assunta da Atena) è il precettore cui Ulisse affidò il figlioletto Telemaco prima di partire per la lunga guerra di Troia. Esso indica non tanto una consulenza, ma una guida saggia e competente che opera tramite affiancamento, che consiste nel sostenere ed incoraggiare, anche fornendo strumenti appropriati. Si tratta di una persona nei momenti chiave di crescita e sviluppo personale sia nell’ambito scolastico sia in quello lavorativo., accompagnando lo studente nel processo di graduale assunzione di consapevolezza delle proprie competenze e curando i rapporti con la famiglia, con gli altri docenti, con gli altri istituti negli eventuali passaggi intra e intersistemici, e con il mondo del lavoro.
Il fatto che uno dei docenti del consiglio di classe assuma questo ruolo nei confronto di un determinato alunno non sottrae autorevolezza alla collegialità dell’azione certificativa, in quanto è comunque l’intera équipe del consiglio di classe ad esserne responsabile.
Una scelta di questo tipo può dare vigore a quello che oggi rappresenta un elemento debole del sistema educativo italiano, l’orientamento, pur esplicitamente previsto anche in accordo con le iniziative degli Enti locali all’art. 4 del Regolamento in materia di autonomia (DPR.n. 275, 08-03-1999). Nella sua migliore interpretazione, infatti, il portfolio, collegato alla funzione di mentoring può assumere una significativa valenza per lo studente, sia nei confronti del percorso di studi che per l’inserimento nel mondo del lavoro.

La funzione del tutor in ASL e del consulente esterno del consiglio di classe

Nei percorsi veneti di Alternanza Scuola Lavoro citati in introduzione sono state attivate la funzione del tutor per l’alternanza e successivamente quella del consulente del consiglio di classe. Nelle esperienze iniziali, sono stati formati i docenti tutor di ASL, con lo scopo di prepararli meglio alla loro funzione di progettare, organizzare e coordinare l’esperienza, anche per gli aspetti valutativi, relazionandosi con gli studenti, con il tutor aziendale/l’azienda e con i colleghi del consiglio di classe. L’esperienza è stata sicuramente positiva e ha confermato l’utilità della loro funzione, evidenziandone però anche un limite: i monitoraggi hanno rilevato infatti un buon gradimento dell’esperienza svolta, ma hanno messo altrettanto in luce la difficoltà del tutor a mobilitare tutti o almeno la maggior parte dei membri del consiglio nel progetto, soprattutto considerato che uno dei sovrascopi delle esperienze avviate era quello di introdurre attraverso l’alternanza un laboratorio della scuola per persone competenti, con il coinvolgimento attivo dei docenti e delle relative discipline chiamate in causa dal progetto, comprese e in primo luogo quelle dell’area comune. Di conseguenza, dopo i primi due anni di lavoro, si è deciso di ricorrere alla formula della consulenza esterna per sensibilizzare e dare una formazione di base all’intero consiglio, supportare il tutor per l’ASL e superare il rischio del suo isolamento da parte dei colleghi. A tale scopo si è messa in atto una duplice operazione: un corso di formazione dei docenti (in genere già tutor per l’alternanza) cui affidare il ruolo di consulenti esterni e il contestuale avvio del loro intervento presso i consigli di classe impegnati nei progetti di ASL, con monitoraggio dell’andamento delle consulenze nel prosieguo del corso stesso e confronto sui risultati ottenuti. Le esperienze, svoltesi nell’anno 2009-2010, hanno dato risultati positivi sia in termini di relazioni interpersonali instaurate che di materiale prodotto e sono qui documentate [inserire link]. Un questionario recentemente somministrato ha evidenziato anche che alcuni dei consulenti hanno potuto ricapitalizzare la formazione acquisita e l’esperienza svolta, come coordinatori del loro consiglio di classe e in qualche caso anche come consulenti di un consiglio del loro istituto o di altri istituti. La figura del consulente, che ha fatto i suoi primi passi nell’ambito dell’alternanza, può però risultare preziosa ad essere ripensata anche al di fuori di questo contesto specifico, per altri progetti di un certo impegno che coinvolgano il consiglio o in situazioni di difficoltà, certamente non rari. Attraverso un mix di informazione breve e di azione mediata in contesto, sulla base di attenti atteggiamenti comunicativi, il consulente può aiutare i membri del gruppo di lavoro ad avvicinarsi ad approcci didattici nuovi, può proporre esempi di strumenti funzionali alla didattica per competenze (rubriche, UdA, griglie di osservazione e valutazione, prove esperte…) intesi non come prodotti finiti da sostituire agli strumenti già utilizzati dai docenti, ma come modelli capaci di reinterpretare quanto di valido è già stato fatto, può aiutare a prendere consapevolezza del tipo di relazioni instaurate, particolarmente in casi di difficoltà, può sostenere il metodo della progettualità condivisa.
Essendo la figura del consulente necessariamente esterna rispetto al consiglio di classe e all’istituto nel cui ambito interviene, la sua funzione appare come un’altra delle componenti delle dimensione di rete cui si faceva riferimento nelle prime pagine di questo vademecum.

I pacchetti e i destinatari

I pacchetti proposti comprendono:

I destinatari, come abbiamo indicato in introduzione, sono le figure di sistema che con ruolo diverso intendano incoraggiare e sostenere una rete di scuole, l’istituto, il consiglio di classe, gruppi di ricerca a sviluppare un curricolo per competenze o progetti che ad esso afferiscano, come l’ASL e a gestire la rete relazionale e comunicativa che questo comporta.
Occorre distinguere opportunamente due livelli diversi:

  • chi abbia già una formazione pregressa sul tema (come per esempio i tutor esperti dell’Alternanza Scuola Lavoro, i consulenti dei Consigli di classe che già hanno sviluppato le loro esperienze nel 2009-2010, i tutor dei gruppi di lavoro nel progetto della Rete Veneta Competenze) e conosca le “Linee Guida per la pratica didattica, la valutazione e la certificazione” e le “Linee guida per la valutazione finale e per la prova esperta” può utilizzare direttamente i materiali. Queste persone già formate rappresentano una grande risorsa della scuola veneta ed è auspicabile restino in gioco e vengano valorizzate, per continuare e contribuire al processo della sua innovazione. Esse ritrovano in questo vademecum i materiali e gli strumenti da loro sperimentati nel percorso formativo e possono utilizzarli, con il sostegno delle indicazioni e delle metariflessioni collocate in queste pagine, per implementare la didattica per competenze sia all’interno dei loro Istituti, come coordinatori del Consiglio di classe o tutor per l’ASL, sia come consulenti di Consigli di classe in altri istituti. I materiali qui proposti rappresentano per tali docenti e dirigenti già esperti una sorta di kit utile, da utilizzare con flessibilità, con capacità di reinterpretarlo in base ai bisogni dei nuovi contesti in cui viene speso, pur nella coerenza con i principi che ne sono alla base. Certamente esso non sostituisce la necessità di formarsi su aspetti specifici del proprio ruolo, come per esempio quelli molto delicati che attengono alle relazioni e alle dinamiche all’interno dei gruppi di lavoro, che richiedono sedute formative da sviluppare a parte, anche se una breve parte di questo vademecum li prende in esame;
  • chi invece non abbia alle spalle un percorso formativo sulla didattica per competenze e/o esperienze in merito trova in questo sito la proposta di pacchetti formativi articolati su più livelli:
    • base per tutor neofiti per l’ASL [link]
    • avanzato per tutor esperti per l’ASL [link]
    • avanzato per consulenti-formatori esterni del consiglio di classe [link]

I pacchetti possono venire richiesti e organizzati da un singolo Istituto o da una rete di Istituti.

Comunicare, mediare, facilitare: il tutor e il consulente come counsellor formativi

Gli aspetti relazionali e comunicativi, così come i processi organizzativi e decisionali sono determinanti rispetto agli esiti di un progetto o anche di una singola riunione. Spesso si è sentita questa affermazione, ma troppe volte purtroppo si partecipa a sedute o a progetti in cui, in modo anche evidente, questi aspetti vengono disattesi.
I principi di base della gestione dei gruppi di lavoro, le dinamiche interpersonali, le questioni della leadership e le problematiche legate alla pianificazione e alla prese di decisione nelle organizzazioni complesse, in ambito scolastico sono stati oggetto di attenzione fin dagli anni ’70 e hanno gradualmente e giustamente assunto sempre maggiore rilevanza, man mano che l’istituzione scolastica si avviava sulla strada dell’autonomia e della progettualità curricolare.
Molto importante nello specifico del nostro discorso è lo stile di conduzione del gruppo di lavoro, che ha a che fare anche con quello che viene chiamato lo stile di leadership.
Non si riflette abbastanza su un atteggiamento di fondo che deve qualificare questi ruoli e che, come vedremo tra poco, è uno dei tratti che li connota in senso formativo come counselor: la disponibilità all’ascolto non formale, la fiducia, la stima, la curiosità nei confronti delle persone con cui si rapporta. Credere che i presenti abbiano già a gradi e con modi diversi una loro familiarità pregressa con l’argomento, un interesse nei suoi confronti, una loro potenzialità ad affrontare e risolvere positivamente il problema che si sta per proporre induce a procedere con metodo più euristico che informativo, a valorizzare gli interlocutori più che il contenuto da comunicare o la tecnica risolutiva, a introdurre la proposta innovativa partendo dai punti che già rappresentano un terreno di condivisione su cui attivare il consenso.
Si tratta del medesimo presupposto di carattere antropologico su cui si basa la scuola per persone competenti: la fiducia nella qualità dell’altro, allievo o collega esso sia e la disponibilità a pensare che ci si trova coinvolti nel medesimo processo di ricerca, nel quale il coordinatore, il consulente, l’insegnante rivestono il ruolo della persona più esperta, che media e facilita, non quello dell’unico depositario di un sapere concluso che solo gli altri devono raggiungere.
Questa disposizione è coerente con la prospettiva di una scuola intesa come laboratorio di ricerca-azione, recepita come dicevamo dal Regolamento in materia di autonomia (DPR 275/1999) anche se non ancora davvero entrata nella mentalità corrente. Ed è coerente anche con i nuovi paradigmi della formazione, non più considerata tanto un intervento esterno di carattere informativo quanto un processo di presa di coscienza e di incremento delle professionalità a partire dalle competenze già presenti e attraverso l’analisi, corroborata dal contributo di modelli e di esempi, dei problemi che l’esperienza propone, analisi che non darà mai risultati uguali nei diversi gruppi di lavoro in cui essa si svolge.
Il tutor di un gruppo di progetto, il consulente esterno, ma anche il coordinatore del consiglio di classe devono caratterizzarsi a livello di eccellenza per questa disponibilità all’ascolto e alla mediazione, che dovrebbero rappresentare comunque tratto di base della professionalità docente in generale.
Per questi aspetti, il loro ruolo presenta tratti comuni a quello di un counselor5 Mucchielli, R. (2006), Apprendere il counseling. Manuale di autoformazione al colloquio d’aiuto, Erikson ; Tessaro, F., La ricerca per la qualità professionale del formatore. Master Ricerca Didattica e Counseling Formativo, A.A. 2009-2010., in quanto l’attenzione non deve essere centrata sulla soluzione del problema o sulla proposta innovativa da veicolare ma sulla condizioni che si creano affinchè emergano le potenzialità del gruppo di affrontare la situazione, di risolvere eventuali problemi, di sviluppare una linea di lavoro innovativa.
La teoria del campo di Kurt Lewin6Lewin, K. (2005), La teoria, la ricerca, l’intervento. Il Mulino, Bologna., di matrice sociologica e collegata ai principi della psicologia della Gestalt, offre un importante argomento a sostegno dell’efficacia del ruolo consulenziale inteso nella prospettiva del counseling formativo: lo sviluppo di una proposta o l’analisi di un problema non possono essere svolti separatamente e asetticamente rispetto all’ambiente e alle relazioni sociali in cui si configura, in quanto è il contesto a porre condizioni che definiscono ciò che è possibile e ciò che non è possibile. Le forze che agiscono nel “campo”, a volte in sinergia, a volte in contrasto con l’obiettivo da raggiungere, vanno attentamente tenute presenti.
Un altro riferimento teorico importante è rappresentata dall’analisi delle interazioni in un gruppo di lavoro e dello stile di leadership fatta da Bales7Bales, R. F (1950), Interaction Process Analysis: a method for the study of small groups, Chigago, University of Chicago Press.La griglia che ne è derivata e che si è largamente diffusa è uno strumento che potrebbe apparire datato, ma che ha ancora parecchie potenzialità da estrinsecare soprattutto per le figure di sistema di cui parliamo, potenzialità che dipendono anche dal modo in cui essa viene utilizzata. Nata soprattutto per individuare i tratti che fanno di un membro del gruppo un leader emergente dallo stile democratico, utilizzata in molti casi affiancando quando possibile un osservatore del conduttore di una riunione per analizzarne le capacità, essa appare adattabile al ruolo del consulente, del tutor e del coordinatore del consiglio di classe, sia quando vi sia la risorsa di un osservatore esterno (come è accaduto in alcuni casi nei percorsi di affiancamento realizzati nel 2009-2010) sia quando, nella situazione normale, esso non sia disponibile, perché può essere molto efficacemente utilizzata come strumento di automonitoraggio da parte del consulente medesimo. Ad una lettura attenta non sfuggirà infatti che la griglia, oltre che una check list di controllo per l’osservatore rispetto alla conduzione di un gruppo, è anche una sorta di rubrica del comportamento relazionale che il conduttore ma anche ciascun membro può interiorizzare per orientare il proprio comportamento agli atteggiamenti più costruttivi. Essa è strutturata in tre sezioni, due esterne a cornice, riguardanti atteggiamenti di tipo socio-emozionale, con distinzione di quelli positivi, nella parte alta della scheda e di quelli negativi collocati nella parte in basso, più una terza sezione interna riguardante i comportamenti inerenti il compito.
Nel pacchetto per consulenti, la griglia di Bales viene proposta accanto a un altro strumenti di base, la check list dei punti di attenzione per l’organizzazione di una riunione, e a una breve clip multimediale sulla tecnica della “riformulazione”.
La check list dei punti di attenzione per organizzare una riunione mette a fuoco tre tipi di attività, ridimensionando l’importanza della fase di intervento diretto per dare rilievo alla predisposizione della riunione e a all’azione indiretta, oltre che al debriefing finale: il setting, relativamente all’organizzazione dello spazio, del tempo e alla distribuzione della propria attenzione, l’attività di ascolto, l’attività di intervento, l’attività di debriefing. L’intervento diretto, oltre a ridursi in quanto a durata, si caratterizza in coerenza con quanto dicevamo non come intervento informativo-impositivo esterno ma come offerta di mediazione, contributo alla strutturazione di un problema, accompagnamento del progetto del gruppo di lavoro.
Molto importanti nel caso del consulente esterno sono, nella fase di predisposizione delle riunioni, i contatti che le precedono con il coordinatore del consiglio di classe o del gruppo di lavoro e con il dirigente scolastico dell’istituto cui il consiglio appartiene. Altrettanto importante è, nella fase di intervento diretto, l’attenzione a cogliere la leadership implicita nel gruppo, quali siano le figure più carismatiche, dotate di status al di là del loro ruolo apparente.
La tecnica della riformulazione, proposta nella clip multimediale secondo la prospettiva di Roger Mucchielli, è fondamentale in questa prospettiva. Collegata all’atteggiamento di ascolto, essa consiste nel riprendere con le proprie parole ciò che l’altro ha appena detto, in modo tale da far percepire la propria attenzione, mettere in moto le energie dei presenti e aprire possibilità di accordo e consenso, senza sottovalutare i punti di divergenza critica.
Prima di concludere questa riflessione iniziata con enfasi sulla disposizione all’ascolto, è opportuno richiamare anche quelle doti di estroversione e di senso dell’umorismo come visione positiva e ottimista della realtà che facilitano il ruolo del conduttore di un gruppo: anche se legate a doti personali innate, si possono migliorare ed è opportuno vengano coltivate anche attraverso la formazione e un continuo monitoraggio su se stessi.
Se la prospettiva è quella di accentuare maggiormente nel profilo degli insegnanti e del personale scolastico l’habitus relazionale e comunicativo, considerato che nella scuola per persone competenti ancor più di prima essi sono professionisti della relazione umana, si auspica che riflessioni e strumenti come questi, indispensabili per le figura di sistema cui sono dedicati, si rivelino utili per tutti.
Ad ulteriore supporto e approfondimento di quanto qui indicato, può essere utile consultare il Progetto Comunic/Azione (Consulta | Scarica),in questo medesimo sito.

Parte Seconda – Un confronto tra il “LIVRET PERSONNEL DE COMPETENCES” ed il “MODELLO VENETO DI GESTIONE DELLE COMPETENZE”
a cura di Dario Nicoli

Un quadro nazionale incompleto ed ambivalente

Chiamiamo “Modello veneto di gestione delle competenze” l’insieme delle procedure elaborate nel progetto “Azioni di sistema per la realizzazione di strumenti operativi a supporto dei processi di riconoscimento, validazione e certificazione delle competenze”, nell’ambito dell’iniziativa della Regione Veneto – Direzione Regionale Lavoro.
Si tratta di una metodologia basata su due linee guida (“Linee guida per la pratica didattica, la valutazione e la certificazione”“Linee guida per la valutazione finale e per la prova esperta”) e centrata operativamente sui seguenti strumenti: la Rubrica delle competenzel’Unità di apprendimento, la Prova esperta.
Tale modello, ovviamente, risente del modo in cui l’Italia ha fatto propria la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a Competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/ce)8http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:394:0010:0018:IT:PDF ed inoltre la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, (2008/c 111/01)9http://ec.europa.eu/education/pub/pdf/general/eqf/broch_it.pdf. Si è trattato, per così dire, di un metodo approssimativo e parziale, che se pure ha introdotto l’obbligatorietà della certificazione delle competenze relative all’obbligo di istruzione, non ha fornito alle scuole ed agli insegnanti le indicazioni e gli strumenti per svolgere questa attività in modo razionale e con quadri di riferimento univoci, chiarendo in particolare il nodo centrale dell’intera questione, ovvero il rapporto tra conoscenze e competenze.
Com’è noto, l’Italia ha poi proceduto alla revisione dell’intero ordinamento relativo al sistema educativo, ma adottando un approccio ambivalente evidenziato dalla differente impostazione con cui sono state elaborate le indicazioni nazionali in tema di primo ciclo, secondaria di primo grado, licei, istituti tecnici e professionali, istruzione e formazione professionale, oltre che dalle norme relative alla valutazione. Tale ambivalenza consiste nel continuo ondeggiamento tra una visione europea delle competenze – talvolta interpretata in senso pratico-addestrativo – ed una concezione decisamente scettica della stessa che punta ad una sorta di restaurazione della didattica basata sui contenuti delle discipline10Una buona via d’uscita è rappresentata dall’ approccio epistemologico equilibrato con le prospettive psicopedagogica e antropologico-sociale: nelle discipline, se ben esplorate, si annidano le risorse per rendere la didattica più coinvolgente e più autentica attraverso la proposta di situazioni vere o verosimili, dando spazio al problem solving piuttosto che alla replica di contenuti. È per esempio attraverso l’approfondimento degli aspetti epistemologico-metodologici dell’insegnamento delle lingue che la linguistica moderna ha sviluppato i principi e i metodi su cui si fondano oggi le attività e le prove autentiche, con la definizione di un emittente, nei cui panni calarsi attraverso la simulazione, di uno o più destinatari, di un contesto e di uno scopo. È attraverso l’analisi delle questioni epistemologiche in ambito scientifico che si è potuto chiarire il valore del metodo sperimentale e operativo per l’apprendimento, oltre che per la ricerca scientifica e superare, nella didattica come nella ricerca, i confini tra le diverse scienze per la soluzione di problemi reali..
Il “Modello veneto” rappresenta pertanto una risposta organica – ancorché da completare11Mancano, infatti, i Piani formativi dei percorsi e le Linee guida per i Dipartimenti disciplinari – tesa a fornire alle scuole e ai cfp una metodologia gestibile oltre che fondata sul piano scientifico e metodologico.
Tale modello è oggetto di due diverse validazioni: una svolta dalla Regione Veneto mediante l’intervento di monitoraggio dei materiali prodotti e l’altra effettuata attraverso il monitoraggio effettuato in sede di applicazione sperimentale degli strumenti presso le scuole ed i cfp coinvolti.

Con il presente elaborato ci proponiamo di fornire un ulteriore elemento di validazione, quello effettuato mediante un confronto comparativo con un modello nazionale scelto come riferimento, ovvero il caso della Francia.
Da questo confronto sarà possibile far emergere una riflessione a tre livelli: l’impianto generale ed il modo in cui sono state assunte le Raccomandazioni europee, il dispositivo di certificazione nel suo rapporto con i contenuti degli insegnamenti impartiti, la metodologia di accompagnamento prevista a favore delle scuole e degli altri organismi erogativi.

Il lavoro si configura a due livelli: nel primo si mette a confronto il modello Francese e quello Italiano, mentre nel secondo il caso Transalpino viene confrontato con l’approccio della Rete veneta inteso come una soluzione che consente di portare a regime l’impianto nazionale vista la sua incompletezza ed ambivalenza.

Iniziamo con un confronto sul piano nazionale, per poi approfondire l’analisi rispetto al Modello Veneto. Le principali differenze, ma anche le analogie, tra Francia ed Italia vengono segnalate puntualmente entro un riquadro.

Il Livret personnel de compétences nell’ambito del sistema scolastico Francese

Il sistema scolastico francese è ancora fortemente centralistico, anche se non manca una tendenza al decentramento verso le autonomie locali. Esso prevede tre tappe:

  • scuola primaria (école primarie): questa dura 5 anni, dall’età di 6 fino ad 11;
  • scuola media (collège) che dura 4 anni, da 11 a 15;
  • i licei (lycée) che sono strutturati in tre percorsi principali: generalisti, tecnologici e professionali: durano 3 anni, da 15 a 18.

Nella scuola primaria, i bambini sviluppano le facoltà fondamentali, perfezionano la lingua e cominciano a scoprire l’universo della scrittura, dei numeri e degli altri ambiti di apprendimento. Mista e gratuita se pubblica, la scuola elementare accoglie i bambini dai 6 agli 11 anni.
La scuola media accoglie gli studenti al termine della scuola elementare, senza esami di passaggio. Gli insegnamenti sono strutturati in discipline: francese, matematica, storia-geografia, educazione civica, scienze della vita e della terra, tecnologia, arti plastiche, educazione musicale, educazione fisica e sportiva, fisica-chimica. Gli obiettivi sono stabiliti da programmi nazionali.
Al termine della scuola media, gli studenti proseguono la loro scolarizzazione in un liceo di insegnamento generale e tecnologico o in un liceo professionale. Quest’ultimo permette di acquisire un diploma professionale per proseguire gli studi o inserirsi nella vita attiva. I passaggi tra insegnamento professionale e insegnamento generale e tecnologico e tra il Certificat d’aptitude professionnelle (certificato di attitudine professionale CAP) e il diploma professionale sono facilitati.
Il Certificat d’aptitude professionnelle dà accesso alle professioni di operaio o dipendente qualificato e mira a integrare direttamente la vita professionale. I Brevet d’études professionnelles (diploma di studi professionali – BEP) possono ancora avere la durata di due anni e si svolgono in quattro campi (carriere sanitarie e sociali, conduzione e servizi nei trasporti stradali, professioni nell’ambito della ristorazione e alberghiero, ottico e commercio di strumenti ottici). Nel liceo professionale, la preparazione al Brevet d’études professionnelles, è integrata al percorso verso il diploma professionale, della durata di tre anni.
Il diploma generale e il diploma tecnologico sono organizzati in serie: il diploma generale prevede tre percorsi: economico e sociale (ES), letterario (L) e scientifico (S); il diploma tecnologico è suddiviso nel modo seguente: scienze e tecnologie della gestione (STG), dell’industria e dello sviluppo durevole (STI), del laboratorio (STL), medico-sociali (STMS), dell’agronomia e della natura (STAV), della musica e della danza (TMD) e alberghiero (Hôtellerie).
Ogni serie è organizzata attorno a un nucleo coerente di discipline principali. Della durata di 3 anni, il diploma professionale attesta l’attitudine a esercitare un’attività professionale altamente qualificata12 http://www.france.fr/it/studiare/orientarsi/educazione/article/il-sistema-scolastico-francese-dalla-scuola-materna-al-liceo.

DIFFERENZA DI DURATA E SCANSIONE DEL PERCORSO DEGLI STUDI
Si nota la particolarità del caso Italiano, nel quale il diploma si acquisisce con un anno in più rispetto alla Francia, ovvero a 19 anni invece che a 18. Inoltre in Francia la scuola media dura quattro anni, mentre il liceo tre. Mentre la Francia chiama tutte le scuole secondarie “licei”, da noi è rimasta la distinzione tra licei, istituti tecnici ed istituti professionali, ma questi ultimi, suddivisi tra percorsi quinquennali statali e percorsi triennali regionali, presentano un minore impatto rispetto al caso Francese nel quale assumono un maggiore prestigio in quanto “licei tecnologici”.

Per comprendere in cosa consista il «Livret personnel de compétences»13 Nella trattazione del Livret, siamo ampiamente debitori all’eccellente lavoro realizzato da Claudine Rayvan per l’Associazione Docenti Italiani (ADI), di cui al seguente sito: http://ospitiweb.indire.it/adi/CompetenzeFr11/cf1_frame.htm si può fare riferimento alla spiegazione rivolta ai genitori degli studenti: “Il libretto personale delle competenze vi permette di seguire l’evolversi degli apprendimenti di vostro figlio alla scuola primaria e secondaria di 1° grado. È uno strumento nazionale che segue l’alunno lungo tutto l’arco della sua scolarità. È identico per tutti gli alunni.
Alla scuola primaria, il libretto personale delle competenze è parte del libretto scolastico. Alla scuola secondaria di 1° grado contribuisce, insieme alle pagelle alla valutazione degli alunni.
Il libretto è organizzato in 7 rubriche, chiamate competenze. Queste sette competenze costituiscono lo zoccolo comune delle conoscenze e delle competenze, cioè i saperi fondamentali definiti dalla “Legge sull’orientamento e sul programma per l’avvenire della scuola”.
Il libretto presenta tre bilanci:

  • il primo alla fine della seconda primaria, (a questo livello sono valutate 3 competenze),
  • il secondo alla fine della quinta primaria,
  • l’ultimo alla fine della scuola secondaria di 1° grado.

Ciascuno di questi tre bilanci permette di fare il punto sugli apprendimenti di vostro figlio.
Ad ogni tappa, quando l’équipe pedagogica degli insegnanti ritiene che una competenza sia stata acquisita, è segnata in fondo alla pagina la data di certificazione.
Se una competenza non è certificata, viene specificato in dettaglio ciò che vostro figlio ha imparato e non ha imparato.
È per voi uno strumento di dialogo con gli insegnanti, che sapranno spiegarvi in dettaglio ciò che vostro figlio ha imparato durante il suo cammino degli studi e ciò che deve ancora apprendere.
Ad ogni cambiamento di classe, di scuola primaria o secondaria di 1° grado, il libretto è trasmesso all’équipe pedagogica che accoglie vostro figlio, per conoscerlo meglio e aiutarlo.
Alla fine della scuola primaria, poi alla fine della scuola secondaria di 1° grado, vi sarà consegnata una copia del libretto”.

Questa spiegazione fa riferimento ad una definizione di competenza che viene esplicitata successivamente in questo modo: “ciascuna competenza dello zoccolo comune è una combinazione di conoscenze fondamentali per la nostra epoca, di capacità di metterle in atto in varie situazioni ma anche di comportamenti indispensabili in tutta la nostra vita, quali l’apertura verso gli altri, il gusto della ricerca della verità, il rispetto di sé e dell’altro, la curiosità e la creatività”.

In questo modo, la Francia evita i due pericoli di fondo (quello disciplinaristico che la intende come “applicazione pratica” dei saperi teorici, e quello addestrativo che la considera come l’abilità nello svolgimento di mansioni) e propone una concezione ampia (combinazione di conoscenze fondamentali, capacità e comportamenti), antropologica (il punto non è replicare un sapere astratto, ma metterlo in atto) e sociale (in riferimento a varie situazioni), con una forte valenza etica definita entro la categoria “apertura” che assume un valore relazionale e veritativo.

Modo in cui sono state assunte le Raccomandazioni europee: lo “zoccolo comune”

Così come l’Italia ha tratto dall’elenco delle competenze di cittadinanza europea le competenze ed i saperi dell’obbligo di istruzione, la Francia ha interpretato quella Raccomandazione europea nell’ambito della “Legge sull’orientamento e sul programma per l’avvenire della scuola” del 23.04.2005 sotto forma di “Zoccolo comune di conoscenze e competenze” (Socle) approvato il 12 luglio 2006.
Questo si riferisce alla scolarità obbligatoria, riprende sette delle otto competenze chiave (non è ripresa “imparare ad imparare”) ed indica la base necessaria e indispensabile per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

DIFFERENZA DI ASSUNZIONE DELLE COMPETENZE CHIAVE EUROPEE
In Italia, il quadro delle 8 competenze europee è stato molto ridotto, nel senso che è stato dato peso e struttura soprattutto a quelle che sono più assimilabili alle aree disciplinari come lingua madre, inglese, matematica e scienze, competenze civiche e sociali, mentre le ulteriori competenze hanno una valenza più nominalistica, tanto che non sono oggetto di certificazione.

È interessante il modo in cui in Francia è stato definito il piano di certificazione dello “zoccolo comune” che prevede tre livelli di intervento, collocati nel percorso degli studi:

  • grado 1 dello zoccolo: fine seconda primaria (solo Padronanza della lingua francese, Principali elementi di matematica, Competenze sociali e civiche);
  • grado 2 dello zoccolo: fine quinta primaria (tutte le 7 competenze)
  • grado 3 dello zoccolo: fine scuola secondaria di 1° grado o fine scolarità obbligatoria (a 16 anni) (tutte 7 le competenze).

La padronanza finale dello zoccolo nella grande maggioranza dei casi è certificata all’ultimo anno della scuola secondaria di 1° grado (a 15 anni), anche se è riferita all’obbligo scolastico che si conclude a 16 anni. In questo modo, l’acquisizione delle competenze dello zoccolo comune è progressiva.

DIFFERENZA DI IMPOSTAZIONE DEI CICLI E DEI GRADI DEGLI STUDI
In Italia la certificazione delle competenze dell’obbligo di istruzione avviene solo al termine del biennio della scuola secondaria di secondo grado, con un problema di continuità con quanto accade prima.
Infatti, mentre in Francia l’elenco delle sette competenze e dei saperi collegati rappresenta il punto di riferimento comune del cammino degli studi, chiamato anche “filo d’Arianna della scolarità” che “sostiene e valorizza gli apprendimenti di ciascun alunno”, da noi ogni ciclo e grado sembra procedere con un ordinamento a sé stante, senza la possibilità di rintracciare una linea comune (se non nella struttura temporale delle tappe del percorso), provocando quindi un problema di intesa di fondo, connessione e accordo di continuità.
Ciò è spiegato nel caso Francese, nel seguente modo: “lo zoccolo comune si acquisisce progressivamente dalla scuola dell’infanzia fino al compimento della scolarità obbligatoria; c’è una continuità pedagogica nel corso della quale l’acquisizione di ogni competenza richiede il contributo di più discipline e, viceversa, ogni disciplina contribuisce all’acquisizione di più competenze; nessuna disciplina è trascurata. I gradi di acquisizione sono valutati individualmente al momento opportuno: certificare una competenza non significa classificare gli alunni, né mettere un voto ad una perfomance”.
In Italia, le stesse certificazioni (del primo ciclo, della scuola secondaria di primo grado e dell’obbligo di istruzione) non sono compatibili tra di loro ed il tutto risulta inficiato dalla disposizione secondo cui la valutazione deve essere effettuata in voti.

Struttura del libretto personale delle competenze

Il libretto è la raccolta degli attestati che certificano le conoscenze e le competenze dello zoccolo comune acquisite nei tre gradi del percorso degli studi.
Quindi, siamo di fronte non solo ad un certificato, ma ad un vero e proprio libretto che contiene documenti definiti attestati, ovvero lo “strumento istituzionale di raccolta delle certificazioni delle competenze dello zoccolo comune”. Questo è inteso come un “collettore dei successi degli alunni”. Serve al loro orientamento attivo in funzione delle loro effettive acquisizioni.

Alla scuola primaria, il libretto personale delle competenze fa parte della pagella. È compilato al secondo e quinto anno del ciclo. Sia in seconda che in quinta, i risultati degli alunni sono trasmessi alla famiglia e alla fine del quinto anno il libretto è consegnato al genitore o a chi ne fa le veci e alla scuola secondaria di 1° grado dove l’alunno si iscrive.
Alla fine della scuola secondaria di 1° grado (15 anni) o alla fine dell’istruzione obbligatoria (16 anni), il libretto personale delle competenze è redatto al grado 3. La compilazione è collegiale e necessita di un lavoro comune fra i professori della classe in accordo con il docente che ha la responsabilità principale della classe e con il capo d’istituto che alla fine convalida l’attestato di certificazione.
La certificazione è anche uno strumento di comunicazione con le famiglie; rende conto ai genitori in modo istituzionale degli apprendimenti dei loro figli rispetto a determinate competenze, in precise fasi della scolarità (cfr scheda 13, la comunicazione con le famiglie). Nell’ambito del dialogo con i genitori, vengono consegnate alle famiglie anche schede intermedie di valutazione ogni volta che questo si renda necessario. Quando l’alunno cambia istituto le certificazioni sono trasmesse alla nuova scuola.

DIFFERENZA DI IMPOSTAZIONE DEL CERTIFICATO
La certificazione in Italia è un documento che prevede solo la specificazione del “livello” di padronanza delle competenze, ma non indica come e quando (per i Francesi sono i gradi) sono state attestate le competenze indicate, tramite l’evidenza dei successi dell’alunno.
DIFFERENZA DI MODALITÀ DI SCRITTURA DELLA CERTIFICAZIONE
In Italia una competenza può essere certificata con tre giudizi qualitativi: 1) livello di base, 2) livello intermedio, 3) livello avanzato. In Francia non esistono livelli, una competenza viene dichiarata acquisita o non acquisita, come per la patente, o si sa guidare o non si sa guidare, senza ulteriori giudizi di merito.

Struttura della competenza e sua articolazione

La struttura linguistica della competenza prevede tre segmenti:

  • La competenza: (per esempio la competenza 1 = la padronanza della lingua francese).
  • Il campo: per esempio nella competenza 1 (padronanza della lingua francese) sono campi leggere, scrivere, parlare ecc.
  • L’item: rappresenta la declinazione di un campo; per esempio, per il campo leggere, adattare il modo di leggere alla natura del testo proposto e all’obiettivo da conseguire, estrapolare per iscritto o oralmente l’essenziale di un testo letto…

Nell’ambito dei materiali di supporto, il Ministero dell’Educazione propone un “Vocabolario comune per la redazione della certificazione dello zoccolo”, strutturato per campi e item, che rappresenta il punto di riferimento essenziale, ed obbligatorio, per ogni scuola nel definire le competenze da formare, valutare e quindi certificare.
Si propone un esempio legato alla competenza 1 riferita alla padronanza della lingua francese:

COMPETENZA 1 – LA PADRONANZA DELLA LINGUA FRANCESE
Campo1: LEGGERE
ITEM Adattare il proprio modo di leggere alla natura del testo proposto e all’obiettivo prefissato
Utilizzare le proprie capacità di ragionamento, le proprie conoscenze della lingua, sapersi riferire a degli strumenti appropriati per leggere meglio
Estrapolare, per iscritto o oralmente, l’essenziale da un testo letto
Comprendere un testo a partire dai suoi elementi espliciti e dagli elementi impliciti necessari
Manifestare la propria comprensione di testi diversi con vari mezzi
Campo2: SCRIVERE
ITEM Riprodurre un documento senza errori con una presentazione adeguata
Scrivere in modo leggibile un testo, dettato o spontaneo rispettando l’ortografia e la grammatica
Redigere un testo breve, coerente e punteggiato, in risposta ad una domanda o a partire da consegne date
Utilizzare le proprie capacità di ragionamento, le proprie conoscenze della lingua, sapersi riferire a strumenti vari per migliorare il proprio testo
Campo3: PARLARE
ITEM Riprodurre un discorso, rendere conto di un lavoro a un pubblico designato
Sviluppare una data argomentazione davanti a un pubblico
Adeguare le proprie parole alla situazione comunicativa
Partecipare a un dibattito, a uno scambio verbale

L’attestato delle conoscenze e competenze dello zoccolo comune al grado 3 si articola in 7 competenze che comprendono 26 campi divisi a loro volta in centinaia di item.
Il libretto personale delle competenze include anche i seguenti attestati certificativi rilasciati durante la scolarità obbligatoria:

  • attestati scolastici della sicurezza stradale di 1° e 2° livello
  • attestato di “Prevenzione e soccorso civici di livello 1”

Questi attestati non sono indispensabili per il diploma di licenza media.

DIFFERENZA DELLA STRUTTURA LINGUISTICA RIFERITA ALLE COMPETENZE
Mentre in Francia esiste un vocabolario comune, ben strutturato, in Italia le competenze consistono in enunciati generali con scarsa capacità di indicare le prestazioni e le loro caratteristiche. In questo modo, ne risulta un vuoto di riferimenti per le scuole, da cui il pericolo del “fai da te” ma soprattutto del gattopardismo che in sostanza fa coincidere le prestazioni con le verifiche tradizionali (compiti scritti, interrogazioni e test) e quindi con i voti, togliendo in tal modo ogni valore alla certificazione.

Il rapporto tra dispositivo per competenze e contenuti degli insegnamenti impartiti

Affrontiamo ora la questione centrale ovvero il rapporto tra lo zoccolo ed i programmi disciplinari: la legge di orientamento indica che “lo zoccolo non si sostituisce ai programmi della scuola primaria e secondaria di 1° grado, e non ne è neppure un condensato. (…) Lo zoccolo definisce ciò che nessuno può ignorare alla fine della scolarità obbligatoria pena la sua marginalizzazione”.
Viene a questo proposito affermata la “complementarità tra approccio disciplinare e approccio pedagogico trasversale”.
Ciò deriva dal concetto di competenza adottato: padroneggiare lo zoccolo comune significa “essere capace di mobilitare e utilizzare ciò che si è appreso in situazioni e compiti complessi, a scuola, poi nella vita adulta; possedere strumenti indispensabili per continuare la propria formazione lungo tutto l’arco della vita in modo da partecipare all’evolversi della società ed essere in grado di capire le grandi sfide dell’umanità, la diversità delle culture e l’universalità dei diritti dell’Uomo così come la necessità dello sviluppo e le esigenze della salvaguardia del pianeta”.

ANALOGIE E DIFFERENZE NEL RAPPORTO TRA COMPETENZE E PROGRAMMI
In entrambi i Paesi le competenze da validare non si identificano con i programmi e sono certificate a parte. Ma mentre per la Francia questa differenza viene gestita tramite un rapporto strutturato tra contenuti essenziali del sapere e prestazioni (item riferiti a campi d’azione), in Italia le nuove Indicazioni nazionali (specie per gli Istituti tecnici e professionali) si limitano ad enunciare conoscenze e competenze con scarsi elementi utili alla loro gestione, creando in tal modo una frattura nel modo di intendere il lavoro degli insegnanti.

Il modello di valutazione

L’apprendimento si costruisce attraverso tre strategie di valutazione in tre momenti-chiave:

  • all’inizio la valutazione diagnostica;
  • in corso d’opera la valutazione formativa;
  • alla fine la valutazione sommativa o finale che fa parte della certificazione finale.

La valutazione è un elemento fondamentale del processo educativo con un’attenzione particolare per la valutazione formativa. Essa deve riferirsi a competenze chiaramente esplicitate, coerenti con il livello considerato (come si fa per la valutazione delle lingue o del B2i – valutazione relativa all’utilizzo delle TIC). Per ogni competenza occorre prevedere la valutazione della progressiva acquisizione dello zoccolo, sia alla fine di ogni ciclo sia in ciascuno dei tre gradi.
Le valutazioni fanno parte delle azioni pedagogiche e servono a mettere in evidenza le carenze così da permettere di porvi rimedio, danno consapevolezza delle competenze non padroneggiate e aiutano così ad orientare i dispositivi di aiuto (ad esempio i PPRE (Programme Personnalisé de Réussite Éducative, Programma Personalizzato per il Successo Educativo, introdotto con la legge del 2005), indicano all’alunno i suoi punti deboli, lo coinvolgono nei suoi percorsi di apprendimento.
La valutazione di una competenza si differenzia nettamente dalla verifica di una capacità che si applica a una situazione già nota, così da poter mettere a fuoco la padronanza della competenza quando l’alunno si trova di fronte a un problema nuovo. Per fare ciò. deve necessariamente svolgersi in varie situazioni e contesti; inoltre, molto spesso, una stessa competenza deve essere valutata da insegnanti diversi.
Per ognuna delle sette competenze, c’è una tabella di riferimento che fornisce le indicazioni di ciò che deve essere valutato. Dei vademecum offrono aiuto per valutare e per assicurarsi che la valutazione verta veramente sulle competenze.

È quindi centrale, nel metodo Francese, il compito complesso; questo non è un insieme di micro competenze, ma mira a sostenere nell’alunno la capacità di utilizzare i propri apprendimenti in situazioni e compiti complessi a scuola, poi nella vita. I Francesi hanno riflettuto a lungo sul fatto che, durante le diverse indagini PISA, i loro alunni riescono molto correttamente a compiere compiti semplici ma incontrano difficoltà quando si tratta di svolgere un compito “complesso” che richiede il coinvolgimento di diversi compiti semplici non esplicitamente indicati, ed in particolare quando il contesto non permette di identificare il campo disciplinare interessato o quando è “nascosto” in un caso concreto della vita quotidiana.

I compiti complessi motivano gli alunni e li formano per gestire situazioni concrete della vita reale utilizzando tutte le conoscenze, le capacità e i comportamenti acquisiti per svilupparne di nuovi. In questo contesto, complesso non significa complicato. I compiti semplici spingono a riprodurre le procedure, lasciano poca iniziativa all’alunno e portano a valutare solo micro – competenze. I compiti complessi insegnano agli alunni a gestire situazioni che mobilitano simultaneamente diverse conoscenze, capacità e comportamenti. Permettono di motivare gli alunni e di creare delle strategie di risoluzione specifiche per ciascuno.

Si propongono due esempi di compiti complessi:

  • redigere una favola (item “redigere un breve testo, coerente, costruito in paragrafi, correttamente punteggiato, che rispetti le consegne date: racconto, descrizione, spiegazione, testo argomentativo, resoconto, messaggi usuali”).
  • Analizzare un poster propagandistico (campo “leggere ed utilizzare diversi linguaggi”).

Molto importante è la differenza tra valutare e dare voti. La valutazione cerca di definire lo stato degli apprendimenti in relazione agli obiettivi specifici prefissati. Essa si traduce in un giudizio di valore dato alla produzione dell’alunno. Per esprimere questo valore, si possono utilizzare diversi codici: un giudizio, una lettera, un colore, un voto numerico. Dare un voto numerico consiste nella traduzione in cifra della produzione dell’alunno. Il voto di un compito per esempio, è il risultato della somma dei punti attribuiti all’alunno in funzione del punteggio fissato per il conseguimento di ciascun obbiettivo di apprendimento valutato. Il voto conta per le valutazioni finali e certificative, ma la media dei voti non rende conto delle competenze acquisite.
Valutare e dare il voto sono dunque due cose che vanno tenute distinte, così come vanno tenute distinte dalla certificazione delle competenze che è solo binaria: una competenza può essere solo dichiarata acquisita o non acquisita.

Siccome il libretto appartiene agli alunni, nella valutazione essi sono coinvolti in modo che ne capiscano il funzionamento, il valore e le sfide proposte, tramite strumenti di controllo della propria valutazione. Prima di tutto occorre renderli consapevoli dei dispositivi applicativi dello zoccolo; inoltre vanno messi in grado di capire i risultati attesi; ancora, vanno fatti partecipi attivamente della loro valutazione, ovvero “conoscere le proprie potenzialità, saper auto valutarsi” – un item della competenza 7 del grado 3.

DIFFERENZE NELLE STRATEGIE DI VALUTAZIONE
In Francia troviamo un dispositivo di valutazione coerente con le finalità formative dello zoccolo comune. In Italia il Miur ha posto l’accento sulla valutazione in chiave di monitoraggio (del sistema, della scuola, del singolo alunno), ma senza un’elaborazione della stessa in chiave formativa. In questo quadro,lo stesso Ministero non ha assolutamente affrontato il tema dei compiti e quindi non si è posto la questione della differenza tra procedure esecutive e strategie di soluzione di problemi reali. Inoltre, non è stata affrontata la questione del rapporto tra valutare e dare voti, tranne che con una disposizione paradossale, l’art. 2 della L. 169 (ex Decreto 137) che dispone, per la scuola primaria e secondaria di primo grado, di effettuare la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite mediante l’attribuzione di voti numerici espressi in decimi. Un vero e proprio ossimoro: certificazione tramite voti equivale a dire “luce oscura”poiché il voto non chiarisce quali prestazioni, ed a che livelli e gradi esso corrisponde. Quindi una disposizione amministrativa, piuttosto che formativa che contraddice quanto stabilito nell’obbligo di istruzione. Questa valenza amministrativa motiva anche l’assoluta mancanza di riferimento al coinvolgimento degli studenti nelle attività valutative.

Libretto e orientamento: l’Itinerario di scoperta dei mestieri e dei percorsi formativi

Uno dei vantaggi del libretto presso lo studente consiste nell’aiutarlo a costruire il proprio percorso di formazione e di orientamento, nella prospettiva dell’inserimento nel mondo del lavoro. Va ricordato che in Francia l’indicazione orientativa della scuola ha valore vincolante, tant’è vero che è sancita la possibilità di ricorso da parte della famiglia avverso a tale indicazione.
Questa pratica viene integrata nell’ itinerario di scoperta dei mestieri e dei percorsi formativi e nel capitolo orientamento del progetto dell’istituzione scolastica.

L’itinerario riguarda tutti gli alunni dalla seconda classe della scuola media fino all’ultima classe dei licei generalisti, tecnologici e professionali; esso mira a:

  • predisporre e assistere l’orientamento durante tutto l’arco della scolarità;
  • dare un senso agli insegnamenti disciplinari collegandoli all’orientamento così da coinvolgere lo studente nelle proprie scelte;
  • dare coerenza al percorso integrando i cambiamenti, le evoluzioni, le transizioni;
  • facilitare una migliore conoscenza dei mestieri e dei percorsi formativi per sviluppare la capacità di orientarsi.

Si declina a ciascun livello attraverso attività come “tappe-mestieri” e “tempi forti” proposti dall’istituzione scolastica. Fa ricorso al partenariato come dimensione strategica.
Il passaporto orientamento formazione, compilato da ogni alunno a partire dalla seconda media, accompagna l’alunno fino all’ultimo anno delle superiori.
Le attività realizzate nell’ambito dell’itinerario di scoperta dei mestieri e dei percorsi formativi permettono di lavorare su tutte le competenze dello zoccolo comune e non solo sulla competenza 7 relativa all’autonomia e allo spirito d’iniziativa.
Le attività svolte nell’itinerario di scoperta consentono agli alunni di apprendere anche competenze trasversali, quali le regole della vita collettiva, il lavoro in équipe, il saper rendere conto del proprio lavoro individuale o di un lavoro collettivo, ecc…
I collegamenti tra lo zoccolo comune e l’itinerario di scoperta sono esplicitati in una tabella di corrispondenza allegata al documento “15 punti di riferimento per la realizzazione dell’itinerario di scoperta dei mestieri e dei percorsi formativi”.

Il liceo professionale è direttamente interessato alla realizzazione del libretto personale delle competenze, in particolare alla certificazione della padronanza delle conoscenze e competenze al termine del grado 3 dello zoccolo comune.
Alcuni licei professionali accolgono, infatti, nelle loro classi degli studenti dell’ultimo anno delle medie che da loro svolgono il modulo di scoperta professionale di 6 ore (DP6, Découverte Professionnelle).

DIFFERENZE NELLE METODOLOGIE DI ORIENTAMENTO
Mentre in Francia l’orientamento rappresenta una funzione stabile del sistema educativo e non solo, con chiara attribuzione di compiti e responsabilità, e con una valenza vincolante, in Italia esso costituisce un elemento debole del sistema educativo, consegnato perlopiù a progetti sostenuti dalle autonomie locali.
Il tema dell’orientamento “vocazionale” (ovvero professionale) e delle scelte degli studi viste nella prospettiva dell’inserimento attivo nel mondo lavoro, viene affrontato solitamente per quella quota di allievi che presenta difficoltà di apprendimento e che per tale motivo si ritiene meglio portata per attività pratiche. D’altra parte, nell’ambito dell’obbligo di istruzione, versione italiana delle competenze di cittadinanza europea, non è stata neppure considerata la competenza 7 relativa all’autonomia e allo spirito d’iniziativa.
Il riordino del secondo ciclo degli studi avrebbe dovuto rilanciare l’istruzione professionale, ma la strana collocazione istituzionale di quest’ultima, stretta tra Stato e regioni, sta comportando piuttosto un calo di iscritti cui non si riesce ancora a porre rimedio.

Gli alunni con gravi difficoltà di apprendimento

Il dispositivo del Livret si occupa anche degli alunni di scuola media con gravi difficoltà di apprendimento posti nella SEGPA (Section d’enseignement général et professionnel adapté), sezioni che dal 1996 hanno sostituito le classi speciali).
In precedenza i libretti di competenze rappresentavano una raccolta di produzioni degli alunni che permettevano di seguire la loro formazione progressiva. La circolare del 2009 relativa agli orientamenti pedagogici per gli insegnamenti generali e professionali adattati ricorda che gli alunni devono ricevere una formazione che rispetti le finalità complessive della scuola media di cui il primo obbiettivo è l’acquisizione dello zoccolo comune in riferimento al maggior numero possibile di competenze dello stesso, inoltre devono costruire un progetto personale di orientamento ed infine essere messi in grado di accedere al Liceo Professionale, o all’EREA (Scuola Regionale di Insegnamento Adattato), o al CFA (Centro di formazione degli apprendisti) che conduce ad una qualifica di livello V.
A tale scopo, sono previsti il bilancio annuale di ogni studente, basato sulle informazioni fornite dal libretto e sulle valutazioni specifiche del campo professionale; il progetto educativo individuale che inizia in prima media e fissa le priorità di apprendimento e le azioni pedagogiche da mettere in atto, compresa la scoperta progressiva dei mestieri e dei percorsi formativi; infine il libretto personale alla SEGPA che parte dalle competenze del grado 1 e 2 con l’obiettivo è di condurli il più avanti possibile nell’acquisizione delle competenze dello zoccolo.
Una tappa importante del percorso formativo degli alunni del SEGPA è rappresentata dalla preparazione al CFG, Certificato di Formazione Generale per il quale è richiesta la padronanza del grado 2. Alcuni studenti possono anche prendere in considerazione la possibilità di accedere al DNB, Diploma di Licenza di Scuola Media. In questo caso è indispensabile la padronanza dello zoccolo del grado 3.
Per gli alunni che non padroneggiano lo zoccolo comune viene redatto un bilancio personalizzato che dà luogo alla compilazione della certificazione necessaria per passare il CFG.

DIFFERENZE IN TEMA DI ALUNNI CON GRAVI DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO
La normativa italiana, ai fini dell’adempimento dell’obbligo d’istruzione da parte degli alunni diversamente abili, rimanda alle “Linee guida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” (nota prot. n. 4274 del 4 agosto 2009) nella quale si afferma l’importanza, in particolare nel momento del passaggio fra un grado e l’altro d’istruzione, del fascicolo individuale dell’alunno con disabilità, al fine di documentare il percorso formativo compiuto nell’iter scolastico. Si distingue fra la programmazione personalizzata che caratterizza il percorso dell’alunno con disabilità nella scuola dell’obbligo e la programmazione differenziata che, nel II ciclo di istruzione, può condurre l’alunno al conseguimento dell’attestato di frequenza. La valutazione, sempre in decimi, va rapportata al P.E.I. che costituisce il punto di riferimento per le attività educative a favore dell’alunno con disabilità. Si afferma che tale valutazione dovrà essere sempre considerata come valutazione dei processi e non solo come valutazione della performance, ma non vi è alcun riferimento specifico alle competenze ed ai saperi dell’obbligo di istruzione ed al tema della certificazione.

I supporti ed il portfolio

La Francia ha previsto, ai fini della certificazione delle competenze dello zoccolo comune, due grandi famiglie dei supporti:

  • Le certificazioni, ovvero il libretto personale delle competenze dello zoccolo, uno strumento dei docenti e del capo d’istituto per certificare gli apprendimenti acquisiti in ciascuna delle sette competenze prima di essere consegnato ai genitori. Il libretto personale delle competenze è composto dall’insieme delle certificazioni di padronanza delle conoscenze e competenze dello zoccolo comune.
  • I portfoli o raccoglitori tra cui vanno ricordati il libretto sperimentale delle competenze, il passaporto di orientamento e formazione, i portfoli di esperienze e competenze, il raccoglitore Web Onisep. Tutti sono gestiti dal soggetto a cui appartengono: l’alunno, lo studente, l’adulto.

Questi strumenti, che costituoscono un supporto all’orientamento nei periodi di transizione, permettono di “registrare” e di “ritrovare” facilmente acquisizioni personali: diplomi, titoli, certificazioni, attestati, prove, ecc. relativi a diversi ambiti (scolastici, universitari, impegni vari nella comunità o nella famiglia, ecc.); produzioni o lavori realizzati in occasione di esperienze o di scoperte dei mestieri o dei percorsi formativi.
Il “libretto sperimentale delle competenze” rappresenta una pratica in atto dal 2010-2011 e realizzata da un gruppo di scuole; esso sostituisce il “passaporto di orientamento e formazione”.

I sussidi informatici

Sono previsti diversi sussidi informatici in aiuto del lavoro dei consigli di classe e dei docenti; infatti tutte le équipe impegnate nel lavoro per competenze sottolineano la necessità di uno strumento informatico affidabile, completo ed ergonomico per gestire la registrazione delle acquisizioni delle competenze. Esistono due tipi di software:

  • Il software nazionale “libretto personale delle competenze”.
    Tramite questo strumento, sviluppato in ambiente SCONET, dall’inizio dell’anno scolastico 2010-2011, si rende possibile alle équipe pedagogiche di compilare la certificazione delle competenze, ai professori capo-classe di pubblicare i documenti di sintesi intermedi per i colloqui docenti-genitori, ai capi d’istituto di pubblicare il libretto da consegnare alle famiglie e di stampare le certificazioni non acquisite quando l’alunno non ha ancora la padronanza dello zoccolo comune, da consegnare al comitato di valutazione del diploma di licenza media.
    È anche previsto l’utilizzo dell’interfaccia OBII (successore di GIBII) per compilare i dati della competenza 4.
  • I programmi informatici locali di gestione delle competenze.
    Questi programmi, reperibili su Internet o sul network dell’istituzione scolastica, sono generalmente liberi, gratuiti, e “open source”. Hanno la funzione di assistere la valutazione progressiva degli apprendimenti dei diversi item da parte degli alunni. Va ricordato, a questo proposito, che questa verifica non viene fatta con un “esame dello zoccolo comune”, quindi necessita di diverse valutazioni.

I programmi costituiscono un aiuto efficace per la certificazione delle competenze, dal momento che sono in grado di presentare, in diverse forme, l’evoluzione delle acquisizioni degli alunni. Inoltre assistono nella comunicazione con gli alunni e le famiglie via internet e in cartaceo con la pubblicazione delle sintesi intermedie e delle pagelle trimestrali; favoriscono la personalizzazione nella formulazione degli item; rappresentano un aiuto alla preparazione delle valutazioni e nell’estrapolazione dei voti numerici dalle valutazioni delle capacità, senza dover raddoppiare il carico di lavoro.

DIFFERENZE CIRCA I SUPPORTI
In Italia, semplicemente, non esistono supporti indicati o proposti dal Miur che, come abbiamo visto, si limita a definire il formato della certificazione senza accennare ai documenti di accompagnamento. A livello locale e di reti di scuole vi sono progetti finalizzati a tale scopo, ma tutto in una logica di forte “differenziazione creativa”.

Il cambiamento richiesto nel modo di lavorare degli insegnanti

È indubbio che l’inserimento delle competenze ovvero del socle nel contesto scolastico Francese comporta un cambiamento che non si può limitare ad una mera compilazione di documenti. È un passaggio che anche in Francia ha provocato la necessità di una profonda trasformazione nell’approccio metodologico che l’apprendimento per competenze richiede, e che non è altrettanto evidente nei programmi di studio per quanto riformati. L’approccio per competenze costituisce per gli insegnanti una vera e propria rivoluzione copernicana poiché pone l’enfasi non più sulla mera riproduzione dei saperi, ma sulla loro mobilitazione a fronte di situazioni reali, che comporta una combinazione di conoscenze, abilità e capacità appartenenti a diversi campi disciplinari.
Nel testo Francese si afferma che “l’applicazione dello zoccolo comune porta a una riflessione profonda sulle pratiche degli insegnanti e sulle diverse competenze professionali che la loro formazione deve fare acquisire, in particolare le competenze 3 e 4:
Competenza 3: “il docente ha una conoscenza approfondita e ampia della sua o delle sue discipline e padroneggia gli argomenti del programma. Conosce i vari elementi dello zoccolo comune delle conoscenze e delle competenze, le tappe annuali per la sua realizzazione, e le modalità di certificazione. Aiuta gli alunni ad acquisire le competenze richieste, curando la coerenza del suo progetto rispetto a quelli delle altre discipline”.
Competenza 4: “il docente è capace di ragionare in termini di competenze, cioè di individuare le tappe necessarie alla progressiva acquisizione delle conoscenze, delle capacità e dei comportamenti prescritti, mettendo in atto una programmazione per anno e per ciclo e una progressione differenziata degli insegnamenti a secondo dei diversi livelli degli alunni.
Tiene conto dei risultati delle valutazioni per costruire un insegnamento che proceda in modo progressivo. Sviluppa approcci pluridisciplinari e trasversali basati sulle convergenze e complementarità delle discipline”.

Tenuto conto di questo, la Francia ha previsto inizialmente una fase di sperimentazione a seguito della quale all’inizio dell’a.s. 2009-2010 sono state generalizzate in tutte le scuole la valutazione e la certificazione degli apprendimenti dello zoccolo da parte dei consigli di classe.
Nel giugno 2011, per la prima volta, la padronanza dello zoccolo comune sarà necessaria e indispensabile per il conseguimento del diploma nazionale di licenza media.
Inoltre, è stata adottata una metodologia di accompagnamento a favore delle scuole e degli altri organismi erogativi: il Ministero dell’Educazione ha elaborato delle schede che rappresentano un quadro nazionale di riferimento, e propongono allo stesso tempo piste di riflessione per organizzare gli apprendimenti e valutare le competenze, pilotare la realizzazione dello zoccolo nelle istituzioni scolastiche, gestire il raccordo fra le varie classi e i cicli scolastici. Infine esplicitano il legame con gli altri strumenti di accompagnamento degli apprendimenti. Si tratta, in altri termini, di un quadro di riferimento unitario che consente di orientare il lavoro delle scuole e degli insegnanti in questo cambio rilevante del loro modo di lavorare.

È forte la consapevolezza che l’introduzione della valutazione e certificazione dello zoccolo comune costituisce un’evoluzione radicale nelle abitudini esistenti, poiché si tratta di individuare quello che un alunno sa e non quello che non sa; mobilitare gli apprendimenti in compiti complessi; mettere a disposizione degli alunni e delle loro famiglie uno strumento che evolve nel tempo.
Si tratta di un’innovazione che richiede una forte determinazione nel facilitare la comunicazione verso e tra i membri del personale scolastico, verso gli alunni e le famiglie. Una comunicazione che si fonda su una corretta informazione e sulla fiducia reciproca. E’ un’innovazione che induce gli insegnanti a riflettere insieme sul proprio lavoro e a trovare insieme le giuste soluzioni.
Prima di tutto si deve rispettare la legge, ma questo non basta per convincere …
Occorre avere ben chiari, dopo averli a lungo discussi, gli obiettivi che ciascun alunno deve raggiungere:

  • lo zoccolo comune è al servizio di tutti gli alunni e in particolare deve garantire la padronanza delle competenze fondamentali da parte dei più deboli;
  • a questo fine vanno utilizzati il sostegno agli alunni in difficoltà, i PPRE, l’accompagnamento educativo;
  • lo zoccolo comune è uno strumento nelle mani dei consigli di classe. Aiuta ogni disciplina, ogni docente a costruire gli insegnamenti e le attività da proporre agli alunni.

Sono condizioni essenziali al successo degli alunni:

  • il dialogo con le famiglie,
  • la qualità degli incontri,
  • la chiarezza dei ruoli di ciascuno,
  • l’esplicitazione del livello di apprendimento delle competenze,
  • la comprensione delle diverse certificazioni ufficiali che scandiscono gli apprendimenti.
DIFFERENZA DI LAVORO DI FORMAZIONE E ACCOMPAGNAMENTO DEGLI INSEGNANTI
In Francia il lavoro di accompagnamento e di sostegno rivolto agli insegnanti non ha paragone con quanto sta avvenendo in Italia, dove tutto procede all’insegna dell’improvvisazione e del fai da te, anche ricorrendo al gattopardismo, con eccezioni derivanti dall’iniziativa di regioni o di reti di scuole. Il testo Francese relativo al Livret indica che, “nel rispetto dell’autonomia professionale”, viene fornito agli insegnanti “aiuto e sostegno con interventi di formazione, animazione e attraverso l’azione del corpo ispettivo”. La lista degli interventi di accompagnamento comprende anche quelli del consiglio pedagogico, dei dipartimenti disciplinari, le animazioni per bacino d’utenza, la condivisione di strumenti e supporti, la formazione iniziale e in servizio, il lavoro dei gruppi di ricerca educativa. Un quadro che indica una mobilitazione generale di tutto il sistema in funzione di un impegno volto a favorire l’efficacia degli interventi educativi attraverso un approccio per competenze, così che nessun allievo risulti escluso.
In Italia è attiva la Delivery Unit, in un primo tempo riferita ai soli Istituti tecnici ed ora estesa a tutti gli istituti del secondo ciclo. Nell’ambito di questa iniziativa sono previste attività di formazione di tipo introduttivo e generale sulle nuove indicazioni, inoltre seminari nazionali di confronto, ma il tutto procede secondo un metodo che, se pure risulta apparentemente aperto e valorizzante le diverse esperienze, in realtà si muove nell’assenza di un quadro di riferimento unitario, condizione indispensabile affinché gli apporti specifici di scuole o reti possono trovare valore.

Un confronto con il Modello Veneto (ad integrazione e completamento del modello Italiano)

Il Modello Veneto rappresenta un dispositivo in grado di integrare l’approccio adottato dal Miur indicando una via organica, oltre che fondata sul piano scientifico e metodologico, alle esigenze di scuole e cfp di fronte al cambiamento in atto.
Per fare questo, non sono stati semplicemente elaborati i “pezzi mancanti” del sistema, ma si è proceduto mediante un lavoro di elaborazione teorica teso a dare risposte ai diversi interrogativi che il quadro nazionale aveva lasciato sospesi.

Gli elementi cardine del modello sono: la rubrica delle competenze, il piano formativo e l’unità di apprendimento, infine la prova esperta.

La rubrica delle competenze

Il punto di partenza del progetto è costituito dall’assenza di riferimenti da parte dell’autorità pubblica italiana sia per l’impostazione didattica sia per la valutazione e la certificazione. Essa si è limitata ad esprimere enunciati di competenza, tralasciando di definire gli standard ovvero l’insieme di elementi che costituiscono il parametro di riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari. Fissare dei parametri per la riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti è importante, perché è una garanzia per gli utenti e gli altri soggetti coinvolti.

La rubrica delle competenze, articolata sul quinquennio e sul triennio per gli istituti professionali ed i cfp, rappresenta una matrice che consente di identificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti:

  • le conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’azione di apprendimento, ovvero quelle che si collocano al centro di quella “mobilitazione” attiva del sapere;
  • gli indicatori, ovvero le evidenze che costituiscono il riferimento processuale e dinamico della competenza;
  • i livelli della competenza (EQF) che il soggetto mette in evidenza nel presidio di quei compiti.

Si è pertanto deciso di partire dagli esiti di apprendimento (knowledge outcome) e articolare livelli di competenza intesi come soglie in movimento.
Ogni livello è formulato in un descrittore che, grazie al suo collegamento con l’indicatore, esprime i diversi modi in cui la persona fronteggia il compito, dal livello essenziale a quello dell’eccellenza, mostrando, insieme al sapere e al saper fare, gli atteggiamenti affettivo-relazionali, sociali, pratico-operativi, cognitivi, di meta competenza e di problem solving e meta cognitivi da assumere nell’elaborare quel sapere e nell’affrontare la realtà per poter essere riconosciuta competente.

Indicatori, evidenze e e livelli sono indispensabili per consentire una didattica per competenze non malintesa né caotica; è malintesa quando il lavoro dei docenti è centrato, invece che sulle competenze, sulle conoscenze (discipline teoriche) oppure sulle abilità (discipline tecnico-pratiche); è caotica quando, pur in un approccio per competenze, ognuno utilizza modelli e descrittori propri, impedendo così la riconoscibilità delle acquisizioni tra attori diversi e la consapevolezza dell’allievo rispetto a “ciò che fa la differenza” per diventare sempre più competente.

Il modello EQF sopra riportato offre un preciso riferimento per l’individuazione degli indicatori- delle evidenze, sottolineando come distintivi e qualificanti della competenza siano i processi della responsabilità e dell’autonomia. Altro aspetto peculiare sembra essere la capacità di “adattare il proprio comportamento alle circostanze per risolvere problemi” e di gestire i propri apprendimenti in contesti di lavoro o di studio soggetti a cambiamenti prevedibili e imprevedibili, nel quale si possono leggere almeno due processi tra loro collegati, quello di transfer, cioè la capacità di riutilizzare un sapere/saper fare già acquisito in una nuovo contesto, modificandolo in relazione ai vincoli posti da quest’ultimo e quello di problem solving, che comporta il selezionare tra i propri saperi/ saper fare quelli utili per affrontare una situazione problematica e collegarli rendendoli operativi e rielaborandoli allo scopo di produrre una soluzione. Altro aspetto distintivo della competenza, che viene da una fonte diversa dall’EQF, e cioè il programma OCSE-PISA, sta nella capacità di giustificare le scelte fatte/le procedure adottate per affrontare il compito o per risolvere il problema e di tenerle sotto controllo, capacità che richiede un processo di ricostruzione. I processi appena nominati (transfer, problem solving, ricostruzione), legittimati da modelli e programmi internazionali come l’EQF e il PISA, erano stati già nell’ultimo quarto del secolo scorso esplorati nella letteratura e nella ricerca psicopedagogica.

Il compito di definire indicatori e le evidenze e i livelli spetta alla rete formativa, e i riferimenti citati legittimano e consentono di disegnare un sistema condiviso di indicatori e livelli delle competenze significative per l’ambito di riferimento. Ciò richiede di definire Linee guida e rubriche nell’ambito di un modello costruttivista e collaborativo. Esso consente di delineare un’intesa tra soggetti della rete (intesa centrata su linguaggio e procedure) in grado di assicurare la coerenza tra pluralità dei percorsi (contestuali) e rigorosità delle valutazioni, sulla base di riferimenti standard condivisi (indicatori, livelli).

Il punto centrale di questo lavoro è costituito dalla esplorazione della competenza attraverso indicatori o le evidenze, necessarie e sufficienti al fine di attestare la padronanza della competenza da parte della persona. A tale scopo, per ogni competenza viene elaborata una rubrica che per ogni livello EQF articola i descrittori (evidenze concrete, osservabili e valutabili) e ne propone i comportamenti tipici.

Il piano formativo e l’unità di apprendimento

L’organismo formativo (scuola, centro di istruzione e formazione professionale…) ha il compito di costruire il piano di intervento, tenuto conto delle caratteristiche del contesto (allievi, territorio, istituto…). Tale modello presenta un meccanismo molto flessibile che consente di valorizzare al meglio le opportunità contestuali, di personalizzare i percorsi, di dare consistenza reale ai prodotti e di attivare processi di conquista piuttosto che di mera riproduzione della conoscenza, fornendo quindi un’opportunità di vera collaborazione con le persone coinvolte.
Richiede di contro maggiore competenza e deontologia professionale negli operatori, in coerenza con le necessità di un rinnovamento metodologico richiesto dalle modifiche culturali e sociali.

L’attore principale del processo formativo è costituito dal gruppo/comunità dei docenti aggregati sia per assi culturali/aree professionali sia per consigli di classe. La centralità della comunità di apprendimento consente di svolgere i passi indispensabili per una didattica per competenze:

  • aggregare le discipline per assi culturali e identificare i “saperi essenziali” o nuclei portanti;
  • scegliere un approccio misto, che alterna – in modo intelligente – lezioni, compiti, laboratori, esperienze;
  • sospendere il giudizio e incoraggiare il cammino, tollerando anche incertezze o errori purché vi sia dedizione e impegno;
  • seguire ciò che l’esperienza ci ha insegnato: aspetti che sollecitano la curiosità, errori da evitare, variazioni che richiamano l’attenzione, momenti in cui è possibile chiedere rigore e “disciplina”;
  • evitare la dispersione del tempo e la noia;
  • sollecitare gli studenti a proporre pubblicamente l’esito del proprio lavoro.

Il compito del consiglio di classe, in particolare, consiste nel definire il piano formativo, lo strumento della pianificazione del lavoro del consiglio di classe, nel quale viene indicato, secondo una rete di unità di apprendimento, ciò che intende fare lungo il percorso degli studi, suddividendo per anni il tempo totale, come lo intende fare, con quale ripartizione dei compiti tra i docenti, con quali risorse e tempi. Il piano formativo è un canovaccio che viene gestito dal consiglio di classe adattandolo e modificandolo a seconda del cammino e delle sue verifiche, così da mirare sempre meglio i risultati di apprendimento da esso previsti.

L’unità di apprendimento costituisce la struttura di base dell’azione formativa; insieme di occasioni di apprendimento che consentono all’allievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, affrontando compiti che conducono a prodotti di cui egli possa andare orgoglioso e che costituiscono oggetto di una valutazione più attendibile.
Si possono avere UdA ad ampiezza massima (tutti i formatori), media (alcuni) o minima (asse culturale). Essa prevede sempre compiti reali (o simulati) e relativi prodotti che i destinatari sono chiamati a realizzare ed indica le risorse (capacità, conoscenze, abilità) che egli è chiesto di mobilitare per diventare competente. Ogni UdA deve sempre mirare almeno una competenza tra quelle presenti nel repertorio di riferimento.

In forma schematica l’UdA si caratterizza per questi aspetti (definiti già nella sua progettazione):

  • individuazione della competenza di riferimento (e delle relative abilità e conoscenze);
  • interdisciplinarità nell’Asse a tra gli Assi, grazie alla collaborazione di più docenti e più discipline;
  • ruolo attivo degli allievi attraverso attività laboratoriali e occasioni esperienziali anche sul territorio che favoriscano la contestualizzazione delle conoscenze e il loro trasferimento e uso in contesti nuovi, per la soluzione di problemi;
  • presenza di momenti riflessivi, nei quali l’allievo viene sollecitato a ricostruire le procedure attivate e le conoscenze acquisite;
  • clima e ambiente cooperativo;
  • coinvolgimento dell’allievo rispetto alla competenza da raggiungere;
  • trasparenza dei criteri di valutazione e attività di autovalutazione degli allievi;
  • verifica finale tramite prova in situazione (o autentica).

Il criterio di fondo cui riferirsi è la possibilità di sollecitare i talenti dei giovani e di stimolarli alla ricerca, a prendere il cammino. Occorre insegnare per compiti con consegne chiare e stimolanti, variare le situazioni di apprendimento ed il modo di implicazione con gli studenti, puntare talvolta sullo stupore e sul contrasto con il punto di vista usuale.
Va sospeso per un certo tratto l’intento didascalico che si risolve nel riversare sugli interlocutori quantità rilevanti di nozioni e regole, per sostituirlo con l’intento di sollecitare curiosità, definire un percorso di studio, fornire strumenti e stimolare la riflessione e la strutturazione del sapere acquisito. In questo modo, si impara lavorando.

La prova esperta

La prova di valutazione finale, o “prova esperta” è un compito-problema rilevante, il più possibile olistico (ovvero in grado di connettere i vari ambiti del sapere, è “pluri-competenze”, articolata su più dimensioni dell’intelligenza), in grado di sottoporre a valutazione la padronanza degli studenti. In quanto tale, non può soddisfare puntualmente tutti i saperi e le competenze, ma è necessariamente selettiva rispetto a questi. Infatti concorre, assieme alle attività di valutazione di tipo formativo che si svolgono al termine di ogni UdA, a rilevare il grado di padronanza dei saperi e delle competenze mobilitati utilizzando una metodologia che consenta di giungere a risultati certi e validi.
È collocata in corrispondenza delle scadenze formali dei corsi (quando vengono rilasciati titoli di studio) e consente di rilevare in forma simultanea, sulla base di un compito rilevante, la padronanza di più competenze e saperi da parte dei candidati; alla prova esperta è assegnato un peso del 25/30%. Il restante valore deriva dalla valutazione formativa emergente dall’insieme delle UdA sviluppate.

L’utilizzo della prova di valutazione finale (prova esperta) richiede necessariamente che l’attività di apprendimento venga svolta secondo la metodologia costruttivistica delle Unità di Apprendimento (UdA), centrate su compiti e prodotti. Infatti l’insegnamento non è inteso, nel contesto dell’approccio per competenze, come una “successione di lezioni”, ma come “organizzazione e animazione di situazioni di apprendimento”.

Per lavorare in modo consapevole sulle competenze è necessario:

  • ricollegare ciascuna competenza ad un insieme delimitato di problemi e di compiti dotati di senso e di valore, che sollecitano lo studente ad “imparare facendo” e che sono organizzate in UdA;
  • inventariare le risorse intellettive (saperi, tecniche, saper-fare, abilità relazionali, attitudini, competenze più specifiche) messe in moto dalla competenza considerata e rispondenti a una varietà di intelligenze e di stili personali.

È previsto un format della prova esperta, di carattere generale, che indica un percorso sotto forma di step (passi, fasi) tipici, ovvero da contestualizzare per ciascuna tipologia di prova. Prevede quattro step (A,B,C,D), corrispondenti a tipologie variate di attività, che richiedono l’attivazione di risorse intellettive diverse (cognitive, tecniche, metodologiche, operative, relazionali, sociali, riflessive…) e impegnano in modo prioritario una forma di intelligenza piuttosto che un altra. Vi è anche una fase di gruppo da collocare all’inizio o alla fine, a seconda dell’attività, vista l’importanza che il lavoro cooperativo riscuote nella figura del cittadino della società della conoscenza.
Ognuna delle quattro attività si può articolare in una o più domande. Il valore di ciascuna domanda in termine di punteggio viene indicato nel testo della prova somministrata agli allievi. I docenti predispongono un documento interno contenente i criteri di valutazione e i correttori per l’attribuzione del punteggio a ciascun allievo in rapporto alla sua prestazione.

I supporti

L’insieme dei materiali prodotti nell’ambito del progetto delle reti Venete è reperibile a partire da questa pagina della PIAZZA delle COMPETENZE; i materiali sono aggregati secondo i seguenti tipi di documenti:

  • le linee guida (Linea guida per la progettazione e per la pratica didattica, valutazione e certificazione delle competenze; Linea guida per la valutazione finale e per la prova esperta);
  • la descrizione dei risultati di apprendimento per ogni profilo dei percorsi del secondo ciclo degli studi
  • il repertorio delle UdA e le prove esperte per ogni profilo
  • le ricerche documentali su casi nazionali e locali.

Una sintesi

Il modello Veneto integra ed in parte corregge l’impostazione nazionale in tema di didattica per competenze, rendendo così possibile un confronto non deprimente con il caso Francese, anche se si tratta di un cantiere che ha percorso un tratto importante (risultati di apprendimento, percorso di apprendimento, valutazione), che richiede di essere completato al fine di fornire strumenti semplici ed operativi per gli istituti, i consigli di classe e gli insegnanti.

È possibile ora svolgere una comparazione di sintesi del caso Francese e di quello Italiano, integrato dal modello Veneto, sulla base di un elenco di fattori sintetici:

FATTORI DELLA COMPARAZIONE DEI SISTEMI FRANCIA ITALIA
Nazionale Modello Veneto
Impianto generale e modo in cui sono state assunte le Raccomandazioni europee La Francia ha adottato in modo sostanzialmente integrale le competenze europee, tranne “imparare ad imparare”. Il quadro delle competenze europee è stato molto ridotto, dando peso soprattutto a quelle più assimilabili alle aree disciplinari mentre le ulteriori competenze hanno una valenza solo nominalistica. Ha adottato le 8 competenze europee, comprese quelle del quadro nazionale per il biennio dell’obbligo14 E ne ha esplicitato le reciproche implicazioni e connessioni. Per esempio, le Competenze sociali e civiche proposte dal Parlamento europeo e dal Consiglio implicano il Collaborare e partecipare e l’Agire in modo autonomo e responsabile previste dal DPR 139/2007 per il biennio dell’obbligo. E ancora: la competenza Spirito d’iniziativa e di intraprendenza proposta dal Parlamento europeo e dal Consiglio implica il Progettare e il Risolvere problemi; la Consapevolezza ed espressione culturale implica l’Individuare collegamenti e relazioni e l’Acquisire ed interpretare l’informazione..
Natura della competenza Ciascuna competenza dello zoccolo comune è una combinazione di conoscenze fondamentali per la nostra epoca, di capacità di metterle in atto in varie situazioni ma anche di comportamenti indispensabili in tutta la nostra vita, quali l’apertura verso gli altri, il gusto della ricerca della verità, il rispetto di sé e dell’altro, la curiosità e la creatività. Nell’ambito dell’istruzione tecnica e professionale (dove essa è assunta in modo esplicito e strutturato), la competenza è definita in senso europeoNei licei, nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola primaria vi sono accezioni differenti. Aderisce alla prospettiva europea, in chiave etico-sociale: la competenza non è un fenomeno assimilabile al saper fare, ma un modo di essere della persona che ne valorizza tutte le potenzialità.
Struttura delle competenze La struttura linguistica della competenza prevede tre segmenti: la competenza, il campo e l’ item. Nell’ambito dell’istruzione tecnica e professionale la competenza è articolata in conoscenze ed abilità. La competenza viene articolata in evidenze, oltre che in saperi essenziali, distinte per livelli e quindi per gradi di padronanza e collegate a compiti.
Elenco delle competenze il “Vocabolario comune per la redazione della certificazione dello zoccolo”, strutturato per campi e item, rappresenta il punto di riferimento essenziale, ed obbligatorio, per ogni scuola, nel definire le competenze da formare, valutare e quindi certificare. Le linee guida dell’istruzione tecnica e professionale propongono i risultati di apprendimento definiti per competenze. Le rubriche delle competenze forniscono una struttura linguistica ed operativa delle competenze.
Rapporto tra competenze e contenuti Le competenze da validare non si identificano con i programmi e sono certificate a parte. Questa differenza viene gestita tramite un rapporto strutturato tra contenuti essenziali del sapere e prestazioni (item riferiti a campi d’azione). In Italia le nuove Indicazioni nazionali (specie per gli Istituti tecnici e professionali) si limitano ad enunciare conoscenze e competenze con scarsi elementi utili alla loro gestione. Le unità di apprendimento consentono di delineare i rapporti che intercorrono tra contenuti delle discipline e compiti sottoposti agli allievi.
Sistema di continuità L’elenco delle sette competenze e dei saperi collegati rappresenta il punto di riferimento comune del cammino degli studi, chiamato anche “filo d’Arianna della scolarità”. Ogni ciclo e grado procede con un ordinamento a sé stante, senza la possibilità di rintracciare una linea comune basata sulle competenze di cittadinanza europea. La metodologia adottata consente di definire i traguardi della scuola secondaria di secondo grado.È da avviare una strutturazione condivisa per il primo ciclo.
Processo di apprendimento Lo zoccolo comune si acquisisce progressivamente dalla scuola dell’infanzia fino al compimento della scolarità obbligatoria; c’è una continuità pedagogica nel corso della quale l’acquisizione di ogni competenza richiede il contributo di più discipline e, viceversa, ogni disciplina contribuisce all’acquisizione di più competenze; nessuna disciplina è trascurata. Si fa riferimento all’importanza della didattica laboratoriale ed alla necessaria integrazione tra saperi e competenze. Avviene tramite UdA ovvero occasioni di apprendimento che consentono all’allievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, affrontando compiti che conducono a prodotti di cui egli possa andare orgoglioso e che costituiscono oggetto di una valutazione più attendibile.
Metodologia di valutazione Vi sono tre strategie di valutazione in tre momenti-chiave: all’inizio la valutazione diagnostica; in corso d’opera la valutazione formativa; alla fine la valutazione sommativa o finale che fa parte della certificazione finale.Per ogni competenza occorre prevedere la valutazione della progressiva acquisizione dello zoccolo, sia alla fine di ogni ciclo sia in ciascuno dei tre gradi.
Certificare una competenza non significa classificare gli alunni, né mettere un voto ad una perfomance.
L’art. 2 della L. 169, mentre sottolinea la valenza formativa della valutazione, dispone, per la scuola primaria e secondaria di primo grado, di effettuare la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite mediante l’attribuzione di voti numerici espressi in decimi. La valutazione si distingue in due momenti chiave: la valutazione formativa che avviene lungo il percorso degli studi e si basa su una varietà di azioni riferite alle UdA; e la “prova esperta” collocata in corrispondenza delle scadenze rilevanti del percorso.
Dispositivo di certificazione La certificazione è il documento finale che attesta il conseguimento delle competenze dello zoccolo comune. Essa si associa al libretto che è la raccolta degli attestati che certificano le conoscenze e le competenze dello zoccolo comune acquisite nei tre gradi del percorso degli studi. È inteso come un “collettore dei successi degli alunni”. Serve al loro orientamento attivo in funzione delle loro effettive acquisizioni. La certificazione prevede solo la specificazione del “livello” di padronanza delle competenze (basilare, intermedio, elevato), ma non indica come e quando sono state attestate le competenze indicate, tramite l’evidenza dei successi dell’alunno. La certificazione si accompagna ad una raccolta sistematica dei prodotti (riferiti alle evidenze delle rubriche) realizzati dagli studenti, di cui essi vanno orgogliosi, che ne attestano il cammino formativo.
Metodologia di accompagnamento prevista a favore delle scuole e degli altri organismi erogativi È prevista una metodologia molto ricca composta da corsi di formazione, progetti, interventi di accompagnamento che coinvolgono l’intera struttura del sistema educativo. Sono previsti, oltre a brevi corsi di formazione sui nuovi ordinamenti, sessioni periodiche e territoriali di incontro e comunicazione di riflessioni ed esperienze. Il progetto Veneto prevede una struttura di lavoro per gruppi di insegnanti ed esperti che accompagnano le scuole sia singole sia associate in rete.
Strumenti e sussidi Vi è una ricca dotazione di strumenti e sussidi di riferimento, con forte enfasi sui software per i consigli di classe ed i docenti. Non sono previsti né sussidi né software, tranne uno strumento di valutazione “gattopardesco” che consente di compilare il certificato delle competenze partendo dai voti delle discipline. Il sito “Piazza delle competenze” presenta una notevole quantità di materiali necessari alla gestione dei percorsi formativi per competenze.

Ciò che rimane da fare

Il quadro che emerge è piuttosto chiaro: il progetto Veneto integra e corregge ciò che manca al modello Italiano per poter essere confrontato con quello Francese. Ovvero per poter uscire dalla palude attuale che rischia di deviare l’intera operazione verso una soluzione gattopardesca. In particolare, contribuisce a delineare un approccio autenticamente europeo, interpreta la vicenda delle competenze in chiave antropologica e sociale e non puramente prestativa, fornisce un quadro di riferimento in termini di evidenze e saperi essenziali e consente di delineare i livelli di padronanza secondo l’approccio EQF.

Rimane un’ulteriore tappa di lavoro: tradurre il materiale prodotto in dispositivi operativi, il più possibile semplici, da fornire ai collegi dei docenti, ai consigli di classe ed agli insegnanti così da rendere gestibile tale modello nella vita ordinaria delle scuole e dei cfp. Ciò in due direzioni:

  • un piano formativo generale di ogni percorso che funzioni a ritroso, per nuclei del sapere e compiti-problema, con riferimento alle competenze ed alle aree/discipline coinvolte, dove siano indicate anche le prove esperte, l’alternanza e gli eventi previsti;
  • una linea guida di dipartimento e quindi di docente, corredata da strumenti, così che ogni docente/disciplina sappia cosa fare, sia per la didattica che per la valutazione, come, quando e con chi.

Il lavoro va fatto con un piano triennale di reti di scuole, meglio se sono sia orizzontali sia verticali. I materiali devono essere disponibili sul sito, organizzati per settori/figure e per aree/discipline.

Nello stesso tempo, traendo spunto dal caso Francese, sarebbe estremamente utile produrre un software gestionale che consenta di gestire il piano formativo, le unità di apprendimento, la valutazione e la certificazione secondo il metodo proposto, producendo anche la documentazione appropriata per la comunicazione alle famiglie.

Rimane aperta la questione della continuità che può essere affrontata tramite un progetto con scuole primarie e secondarie di primo grado, utilizzando la stessa metodologia delle rubriche e fornendo un percorso-tipo di saperi essenziali ed evidenze con sessioni di valutazione nelle scadenze canoniche.

Allegato – Livret Personnel de Competences

Parte Terza

Glossario

Percorso formativo: rappresenta, nell’ambito del piano dell’offerta formativa dell’Istituto, il documento di progettazione elaborato dal dipartimento e dal consiglio di classe, ciascuno per la parte di sua pertinenza, tramite il quale si indicano il profilo, le caratteristiche della comunità professionale e le sue valenze educative, culturali e professionali, i risultati di apprendimento (RdA) da perseguire sotto forma di competenze articolate in abilità e conoscenze, le evidenze, i saperi essenziali e i compiti-problema ad esse connessi, le scansioni periodiche, il processo di apprendimento strutturato per UdA – anche con specificazione delle modalità di personalizzazione ed individualizzazione (iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, di perseguimento dell’eccellenza tramite corsi, concorsi e gare…). Indica inoltre gli orari e gli insegnamenti per assi culturali ed area di indirizzo (considerando anche l’eventuale curvatura decisa dall’Istituto e l’utilizzo della flessibilità oraria), i criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero del mancato raggiungimento dei risultati scolastici, dell’alternanza, delle visite di istruzione e degli eventi, del dossier dello studente, dei libri di testo e dei sussidi anche virtuali – il metodo di valutazione (prove, tempi, standard), infine i titoli e le certificazioni rilasciati.
Nell’ambito del Progetto FSE-1758 è stata strutturata la documentazione relativamente a:

  • Risultati di apprendimento da perseguire sotto forma di competenze articolate in abilità e conoscenze
  • Esempio di UdA
  • Metodo di valutazione (prove, tempi, standard)
  • Titoli e certificazioni rilasciati

Rubrica: è il documento, articolato sul quinquennio, che consente l’analisi della competenza. Si compone di tre sezioni. La sez. A è normativa: direttamente dalle fonti ministeriali riporta competenza, abilità e conoscenze.
Le sezioni B e C sono elaborate dalle reti di scuole anche con riferimento alla ricerca pedagogico-didattica e disciplinare, ai contributi delle associazioni professionali e all’esperienza dei docenti; la sez. B indica e descrive le evidenze, i saperi essenziali, i compitila sez. C sgrana la competenza nei quattro livelli dell’EQF. Qualora non siano fornite da fonti normative, le reti di scuole formulano anche abilità e conoscenze della sezione A.

Evidenze (della competenza): sono indicate nella sezione B della rubrica e vengono richiamate nella griglia di valutazione dell’UdA. Evidenziano le prestazioni e gli atteggiamenti necessari per dichiarare che una persona è competente. In modo coerente, suggeriscono contesti e compiti per l’attivazione della competenza. Vengono indicate nella sezione B della rubrica. Hanno scopo certificativo e valutativo.

Saperi essenziali: sono indicati nella sezione B della rubrica, rappresentano i saperi indispensabili al raggiungimento di quella/e determinata/e competenza/e. Garantiscono il legame con la realtà e integrano un certo numero di contenuti informativi, favorendo la loro elaborazione in conoscenze personali del soggetto. Sono connotati dal contributo della ricerca disciplinare e interdisciplinare. Vengono scelti, dai docenti riuniti in dipartimento, nelle discipline collegate all’asse e vengono indicati nella sezione B della rubrica secondo una progressione formativa, di crescita, non come accumulo. Assieme ai compiti-problema, i saperi essenziali suggeriscono la mappa/sequenza delle Unità di Apprendimento.

Compiti-problema: sono indicati nella sezione B della rubrica direttamente derivati dalle evidenze, delle quali rappresentano lo sviluppo e la realizzazione. Indicano ciò che l’allievo farà e quali atteggiamenti gli sarà richiesto di attivare in contesti opportunamente variati, scolastici ed extrascolastici, predisposti in fase di progettazione, anche con la scelta di strategie/mediatori didattici mirati. I compiti si definiscono in base ai saperi essenziali indicati nella medesima rubrica, nella colonna a fianco. Nelle diverse annualità, essi differiscono per crescente grado di approfondimento del sapere essenziale e per l’incremento della complessità.

Fonte di legittimazione: le fonti normative nazionali e internazionali che giustificano la scelta di competenze, abilità, conoscenze.

Livelli EQF: sono i livelli previsti dall’European Qualification Framework (Quadro Europeo dei Titoli e delle Certificazioni). Nella rubrica, nella sez.C, se ne prevedono quattro, dato che il IV livello è quello dell’allievo al termine del quinto anno della scuola secondaria. Descrivono la competenza in termini di autonomia, responsabilità e capacità graduale di affrontare situazioni nuove e impreviste.
Gradi: sono descrizioni in scala che consentono di graduare in modo più fine il giudizio contenuto nella rubrica EQF, basandosi sulla maggiore / minore complessità del compito che l’allievo riesce ad affrontare, sulla qualità e la capacità innovativa delle procedure, sul grado di autonomia nonché di consapevolezza dei prodotti e dei processi attivati. Mentre i livelli sono statici, i gradi vi introducono elementi dinamici e descrivono le diverse soglie di sviluppo di ciascun allievo rispetto a un livello.

UdA, o Unità di Apprendimento: costituisce la struttura di base dell’azione formativa, è un insieme di occasioni di apprendimento che consentono all’allievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, affrontando compiti-problema che conducono a prodotti di cui egli possa andare orgoglioso e che costituiscono oggetto di una valutazione più attendibile. L’ UdA è autosufficiente (ovvero in sé compiuta), poiché apre e chiude un ambito del sapere, segnalato anche dalle realizzazioni degli studenti ed è collegata alle altre UdA. È articolata per fasi secondo un approccio misto (alternanza intelligente di lezioni, laboratori, compiti, esperienze, riflessioni-discussioni) che sostengano l’allievo nella conquista più che nella riproduzione della conoscenza, favorendone la contestualizzazione, il trasferimento e l’ uso in contesti nuovi e il coinvolgimento consapevole dell’allievo. Essa indica le risorse (competenze, conoscenze, abilità) che si richiede agli studenti di mobilitare per diventare competenti. Ogni UdA deve sempre mirare almeno una competenza tra quelle presenti nel repertorio di riferimento.

Griglia di valutazione dell’UdA: si compone di una pluralità e varietà di criteri-evidenze, correlati ai risultati di apprendimento di area comune e di indirizzo e graduati su quattro livelli. Essi vengono scelti dal team docente che progetta l’UdA in coerenza con questa e in numero sostenibile. La definizione di criteri-evidenze e la loro elaborazione in livelli favorisce il dialogo intersoggettivo tra i diversi soggetti coinvolti nella formazione dello studente: i docenti, l’istituto scolastico, l’extrascuola (per esempio, l’azienda nelle esperienze ASL), gli allievi (dei quali sostengono la consapevolezza, il controllo riflessivo dei processi e l’orientamento dei passi). La griglia di valutazione dell’UdA rappresenta un passaggio intermedio per giungere alla compilazione della sezione C di ciascuna rubrica, a sua volta passaggio necessario verso la certificazione delle competenze.

Dimensioni dell’intelligenza: nel percorso di maturazione della competenza l’intelligenza si attiva e si esprime in una pluralità di dimensioni, ben oltre quella cognitiva, con il coinvolgimento di tutte le componenti della personalità: Relazionale, affettivo-motivazionale; Etica e sociale; Pratica; Cognitiva; Metacognitivo-riflessiva; Ideativa o del problem solving. Esse si attivano con rilievo diverso a seconda delle variabili che la pianificazione del Percorso formativo può orientare e indirizzare. In particolare la definizione di compiti-problema variegati e la loro caratterizzazione all’interno delle UdA garantiscono la pluralità delle esperienze capaci di attivare tutte le dimensioni dell’intelligenza.

Certificazione delle competenze: è il documento rilasciato al termine del biennio, del terzo anno di qualifica e del quinto anno

Consulente del consiglio di classe: è un docente esperto proveniente da un altro istituto, che sostiene il consiglio nell’introduzione di progetti particolari (per esempio di Alternanza Scuola Lavoro), in situazioni di innovazione, come nel caso della didattica per competenze, in momenti di difficoltà sia relazionali che progettuali, anche affiancando altri ruoli. Il suo è un processo di mediazione, molto attento alle relazioni instaurate. Pertanto gli strumenti che propone vanno intesi come modelli capaci di far emergere e reinterpretare quanto di valido è già stato fatto nel contesto specifico, di renderne possibile una maggiore condivisione e di sviluppare ulteriori progettualità. di sostenere il gruppo nella ricerca della soluzione ad un eventuale problema. Per quest’ultimo aspetto oltre che per la disponibilità all’ascolto, il suo ruolo presenta tratti comuni a quello di un counselor.

Dossier/portfolio: viene composto dallo studente, che sceglie, con l’appoggio del docente mentore, i prodotti significativi e rappresentativi del suo percorso verso la competenza. Nella sua migliore interpretazione, il portfolio può assumere una significativa valenza orientativa, sia nei confronti del percorso di studi che per l’inserimento nel mondo del lavoro. È collegato al Libretto dello studente, compilato dai docenti, che raccoglie i dati valutativi significativi emergenti da momenti diversi del percorso formativo, i dati delle osservazioni sistematiche, gli esiti delle verifiche realizzate all’interno delle Unità di Apprendimento e delle prove esperte somministrate nell’imminenza dei momenti certificativi.

Mentore: l’origine del termine deriva dalla cultura classica, nella quale Mentore (figura assunta da Atena) è il precettore cui Ulisse affida il figlioletto Telemaco prima di partire per la lunga guerra di Troia. Esso indica non tanto una consulenza, ma una guida saggia e competente che opera tramite affiancamento, sostenendo, incoraggiando e fornendo strumenti appropriati. Nella prospettiva qui delineata il termine viene riferito a un docente che accompagna lo studente nel suo percorso verso la competenza e nella graduale assunzione di consapevolezza, anche attraverso la scelta delle produzioni da inserire nel portfolio. Inoltre cura i rapporti con la famiglia, con gli altri docenti, con gli altri istituti negli eventuali passaggi intra e intersistemici e con il mondo del lavoro.

Tutor per l’ASL: si tratta di docenti con responsabilità nel progetto di Alternanza Scuola Lavoro e con la funzione di progettare, organizzare e coordinare l’esperienza, anche per gli aspetti valutativi, relazionandosi con gli studenti, con il tutor aziendale/l’azienda e con i colleghi del consiglio di classe.

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  • ZUCHERMAGLIO C. (2004), Vygotskij in azienda. Apprendimento e comunicazione nei contes

Note

  • 1
    Romei P., in Tonna Paola, INTERVISTA al prof. Piero ROMEI, novembre 2004 http://www.apefassociazione.it/CentroStudi/041110Romeisito.pdf
  • 2
    Bochicchio F. (2011), Convivere nelle organizzazioni. Significati,indirizzi, esperienze, Raffaello Cortina Editore, p.XI
  • 3
    Cenerini A., Carriera docente, in Voci della scuola, Tecnodid Editrice, 2004
  • 4
    l’ origine del termine deriva dalla cultura classica, nella quale Mentore (figura assunta da Atena) è il precettore cui Ulisse affidò il figlioletto Telemaco prima di partire per la lunga guerra di Troia. Esso indica non tanto una consulenza, ma una guida saggia e competente che opera tramite affiancamento, che consiste nel sostenere ed incoraggiare, anche fornendo strumenti appropriati. Si tratta di una persona nei momenti chiave di crescita e sviluppo personale sia nell’ambito scolastico sia in quello lavorativo.
  • 5
    Mucchielli, R. (2006), Apprendere il counseling. Manuale di autoformazione al colloquio d’aiuto, Erikson ; Tessaro, F., La ricerca per la qualità professionale del formatore. Master Ricerca Didattica e Counseling Formativo, A.A. 2009-2010.
  • 6
    Lewin, K. (2005), La teoria, la ricerca, l’intervento. Il Mulino, Bologna.
  • 7
    Bales, R. F (1950), Interaction Process Analysis: a method for the study of small groups, Chigago, University of Chicago Press.
  • 8
  • 9
  • 10
    Una buona via d’uscita è rappresentata dall’ approccio epistemologico equilibrato con le prospettive psicopedagogica e antropologico-sociale: nelle discipline, se ben esplorate, si annidano le risorse per rendere la didattica più coinvolgente e più autentica attraverso la proposta di situazioni vere o verosimili, dando spazio al problem solving piuttosto che alla replica di contenuti. È per esempio attraverso l’approfondimento degli aspetti epistemologico-metodologici dell’insegnamento delle lingue che la linguistica moderna ha sviluppato i principi e i metodi su cui si fondano oggi le attività e le prove autentiche, con la definizione di un emittente, nei cui panni calarsi attraverso la simulazione, di uno o più destinatari, di un contesto e di uno scopo. È attraverso l’analisi delle questioni epistemologiche in ambito scientifico che si è potuto chiarire il valore del metodo sperimentale e operativo per l’apprendimento, oltre che per la ricerca scientifica e superare, nella didattica come nella ricerca, i confini tra le diverse scienze per la soluzione di problemi reali.
  • 11
    Mancano, infatti, i Piani formativi dei percorsi e le Linee guida per i Dipartimenti disciplinari
  • 12
  • 13
    Nella trattazione del Livret, siamo ampiamente debitori all’eccellente lavoro realizzato da Claudine Rayvan per l’Associazione Docenti Italiani (ADI), di cui al seguente sito: http://ospitiweb.indire.it/adi/CompetenzeFr11/cf1_frame.htm
  • 14
    E ne ha esplicitato le reciproche implicazioni e connessioni. Per esempio, le Competenze sociali e civiche proposte dal Parlamento europeo e dal Consiglio implicano il Collaborare e partecipare e l’Agire in modo autonomo e responsabile previste dal DPR 139/2007 per il biennio dell’obbligo. E ancora: la competenza Spirito d’iniziativa e di intraprendenza proposta dal Parlamento europeo e dal Consiglio implica il Progettare e il Risolvere problemi; la Consapevolezza ed espressione culturale implica l’Individuare collegamenti e relazioni e l’Acquisire ed interpretare l’informazione.